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Sistema 231 e commissione di reati colposi: quale compatibilità?

La Corte di Cassazione nella sentenza n. 39615/2022 ha annullato la sentenza della Corte d’Appello di Bologna relativa alla condanna di una società per il reato di lesioni colpose patite da un dipendente della società stessa, a seguito della violazione di norme poste a tutela della sicurezza sul lavoro.

Nelle motivazioni della sentenza i giudici di legittimità operano una ricostruzione relativa all’applicabilità del D. Lgs. 231/2001 (“Decreto 231”) ai reati colposi, che in questo articolo si ripropone.

Contesto normativo

Il modello repressivo previsto dal Decreto 231 è un “modello chiuso“, perché solamente la commissione dei reati previsti dalla Sezione III del Capo I del Decreto 231 fonda la responsabilità dell’ente (“Omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro”).

In origine, i delitti colposi di omicidio e lesioni personali sul lavoro non facevano parte dell’elenco dei reati 231. Poi, l’art. 9 co. 1 della Legge n. 123/2007 ha inserito nel Decreto 231 l’art. 25-septies, ulteriormente modificato, nell’attuale configurazione, dall’art. 31 del D. Lgs. 81/2008.

In questo modo, lo schema di responsabilità degli enti è stato esteso anche alla commissione dei delitti colposi contro la vita e l’incolumità personale.

L’interesse e il vantaggio nei reati colposi

Con riferimento ai reati colposi nel Decreto 231, affinché l’interesse per l’ente sussista, è necessaria la violazione di norme antinfortunistiche, perché è proprio da tale violazione che la persona fisica ritiene di poter trarre un beneficio economico per l’ente, cioè un risparmio di spesa.

La sussistenza di tale consapevole violazione potrà apparire più evidente nei casi di colpa “cosciente”, o con previsione dell’evento, nei quali la volontà dell’agente non è diretta verso l’evento e, pur avendo concretamente presente la connessione causale fra la violazione delle norme cautelari e l’evento illecito, l’agente si astiene dall’agire doveroso per trascuratezza, insipienza, imperizia o irragionevolezza.

L’agente ripone la propria fiducia nella non verificazione dell’evento, ma è pienamente consapevole della violazione delle regole cautelari, e potrebbe porre in essere la violazione allo scopo, come spesso accade, di ottenere un risparmio di spesa.

Il vantaggio è invece un criterio oggettivo, legato all’effettiva realizzazione di un profitto in capo all’ente quale conseguenza della commissione del reato, e deve essere analizzato a posteriori.

Esso viene rapportato alle specifiche contestazioni mosse alla persona fisica, salvaguardando il principio di colpevolezza, ma allo stesso tempo permette che venga colpito anche l’ente, che ha approfittato e tratto guadagno della violazione cautelare, da una sanzione.

Quanto alla consistenza del vantaggio, deve trattarsi in un importo non irrisorio, il cui concreto apprezzamento è rimesso alla valutazione del giudice di merito.

Il criterio del risparmio dell’ente

La questione che dottrina e giurisprudenza si sono posti è come sia possibile che sussista la responsabilità dell’ente in presenza di morte o lesioni colpose causate dalle persone fisiche previste dal Decreto 231, se il criterio oggettivo indispensabile per ritenere tale responsabilità è quello della commissione nell’interesse o a vantaggio dell’ente.

I reati colposi causalmente orientati, cioè fondati sulla mancata volontà dell’evento lesivo, sembrerebbero inconciliabili con l’idea di interesse o vantaggio dell’ente, dato che nessun interesse o vantaggio può essere perseguito da una persona fisica che si renda autrice di un delitto colposo, in cui l’evento non soltanto è involontario, ma è anche in contrasto, per sua stessa natura, con qualsiasi interesse per l’ente.

Tuttavia, ritenere che i delitti colposi siano inconciliabili con l’art. 5 del Decreto 231 significherebbe abrogare di fatto l’art. 25-septies.

La giurisprudenza ha elaborato, quindi, un criterio di compatibilità che ha permesso di ritenere operativo l’articolo: è il criterio per cui, nei delitti colposi, l’interesse o il vantaggio per l’ente non deve riferirsi alla commissione dell’evento del reato, ma deve riguardare unicamente la condotta.

Un interesse per l’ente può essere ottenuto dalla violazione delle norme antinfortunistiche solamente al momento della condotta e al netto dell’evento, sotto forma di risparmio di spesa o di accelerazione o massimizzazione della produzione.

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Immagine di copertina di Ibrahim Rifath grazie a Unsplash