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AGCM sanziona eCommerce: tutela dei consumatori e doveri dei professionisti

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM”) ha inflitto una sanzione di oltre 5 milioni a una società operante nel settore delle vendite online di capi di abbigliamento, calzature e altri beni di moda, lusso e design, che opera, tra i vari canali, anche attraverso il proprio sito di eCommerce.

Questo articolo analizza le condotte realizzate dalla società e le motivazioni che hanno portato l’AGCM alla sanzione, a seguito dell’istruttoria condotta fra il 2019 e il 2022.

L’analisi della pronuncia è molto utile sia a chiarire il quadro entro cui i consumatori posso esercitare i propri diritti, sia a rendere consapevoli i venditori professionali dei propri doveri e dei comportamenti da tenere a norma di legge.

L’annullamento unilaterale degli ordini online già perfezionati dei consumatori in caso di superamento di determinate soglie di resi e la contestuale omissione informativa circa il blocco degli acquisti

A seguito dell’attività istruttoria da parte dell’AGCM, che ha preso avvio sulla base delle segnalazioni di diversi consumatori, è emerso come la società avesse deliberatamente privato i consumatori della facoltà di effettuare degli acquisti, nel caso in cui essi superassero determinate soglie di resi.

Tale operazione è stata realizzata attraverso l’annullamento dei rispettivi ordini online, in assenza di alcuna informativa al riguardo al consumatore.

È emerso che la società venditrice monitorava il numero di proposte di ordine trasmesse e di resi effettuati dai clienti, mantenendo volutamente molto generico, nei report interni, il numero dei resi registrati – proprio perché, legalmente, non sarebbe stato possibile mettere per iscritto che gli ordini venivano rifiutati nel caso di un numero di resi elevato.

La società aveva agito, infatti, nella piena consapevolezza che la propria condotta costituisse una violazione del Codice del Consumo, che agli artt. 52 e ss. stabilisce che, per le proposte contrattuali a distanza, il consumatore ha diritto di recedere senza alcuna penalità e senza specificarne il motivo entro 14 giorni lavorativi.

Il consumatore, a ulteriore aggravio della situazione a carico della società, non veniva mai informato, se non per modalità telefoniche, nel caso in cui prendesse contatti con il dipartimento Customer Care della società, del blocco del proprio account, fino a che non andava ad effettuare un nuovo acquisto.

La prospettazione con modalità ingannevoli dei prezzi dei prodotti e degli sconti effettivamente applicati

Dalle analisi dell’AGCM, e attraverso un sistema automatizzato di monitoraggio storico dei prezzi riportati sul sito di eCommerce, è emerso che il la società risulta aver pubblicizzato un prezzo finale di rivendita scontato, che graficamente veniva anche rappresentato sul sito di e-commerce a fianco del presunto prezzo pieno barrato, sostanzialmente equivalente a quello non scontato praticato prima della promozione.

A tale proposito, nella risposta alla richiesta di informazioni in fase istruttoria, la società ha giustificato la propria condotta sulla base dell’asserita necessità di effettuare un repricing in significativo aumento dei prodotti, poco prima del periodo dei saldi invernali, a seguito del precedente riassortimento dei prodotti.

La società ha anche precisato che i prezzi di rivendita dei prodotti non sarebbero correlati a quelli di acquisto presso i diversi fornitori, in quanto il metodo di determinazione dei prezzi non è quello di ricaricare un margine o moltiplicatore – tipicamente standard – sul costo di acquisto dei capi.

È così emerso che la società, nel ridefinire i prezzi dei beni oggetto di riassortimento, al fine di allinearli a quanto pianificato per mantenere alte le marginalità e i profitti, prospettava ai consumatori un prezzo finale scontato di diversi prodotti che, in realtà, risultava sostanzialmente analogo al prezzo pieno effettivamente praticato dallo stesso negozio prima del repricing.

Diversamente, quello che invece la società prevedeva come presunto prezzo pieno (graficamente barrato), risultava determinato dalla società stessa solo a seguito del repricing, e veniva applicato dallo stesso solo per brevi periodi, immediatamente precedenti le promozioni.

I ritardi e altre condotte ostruzionistiche tali da rallentare, scoraggiare o comunque ostacolare di fatto l’esercizio dei diritti di recesso e rimborso dei consumatori

Con riferimento alla gestione dei resi, alcune segnalazioni pervenute all’AGCM avevano ad oggetto ritardi nel rimborso e difficoltà ad esercitare il diritto di recesso.

È emerso anche dalle analisi operate dalla Guardia di Finanza che circa il 23% di tutti i reclami acquisiti dal web riguardasse proprio i resi e i rimborsi, riferendosi a problematiche riscontrate dai consumatori nell’esercizio del diritto di recesso.

Nonostante la società avesse riferito che il tempo medio di rimborso a seguito di annullamento unilaterale dell’ordine sarebbe stato di circa 13 ore dal momento nel quale si era verificato l’indebito pagamento, in realtà, nei diversi casi di restituzione dei prodotti a seguito di recesso i tempi dei rimborsi si sarebbero realizzati in almeno due mesi dalla richiesta di reso.

Considerazioni conclusive

L’AGCM ha sanzionato la società in quanto la pratica commerciale attuata si connotava in termini di aggressività, in contrasto con il dovere di diligenza gravante sulla società-professionista ai sensi del Codice del Consumo, che sfruttava indebitamente la propria posizione di supremazia nell’ambito della procedura d’acquisto online, inibendo la facoltà dei consumatori di effettuare nuovi acquisti, senza fornire alcuna informazione né instaurare alcuna forma di contraddittorio.

Tale modalità d’intervento configura infatti un indebito condizionamento, idoneo a limitare considerevolmente la libertà di comportamento dei consumatori, che allo stesso tempo riduce la facoltà di esercitare, di fatto, il diritto di recesso.

È importante rilevare che, a tutela del consumatore, quest’ultimo deve disporre contestualmente all’acquisto e fin dal primo contatto con il professionista di tutte le informazioni utili ad assumere una decisione di natura commerciale.

L’AGCM ha provveduto alla sanzione anche date le modalità di informazione dei consumatori rivelatesi complessivamente decettive.

Dalle evidenze acquisite dall’Autorità è emerso infatti che le frequenti oscillazioni e modifiche dei prezzi da parte della società, anche attraverso l’offerta di sconti ulteriori rispetto a prodotti già scontati, generavano confusione nei consumatori e li inducevano in errore circa il prezzo di riferimento rispetto al quale veniva applicato lo sconto – non essendo chiaro quale fosse il prezzo più basso applicato dalla società.

L’intervento dell’AGCM si inquadra nella più generale attività di enforcement, volta ad assicurare il corretto ed equilibrato sviluppo dell’eCommerce.

Assume, inoltre, fondamentale importanza la corretta e trasparente informazione sulle principali leve economiche e concorrenziali su cui si fondano le decisioni commerciali dei consumatori, come i prezzi e gli sconti applicati, soprattutto alla luce dei recenti interventi in materia da parte del legislatore europeo e nazionale.

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Foto di Bruno Kelzer grazie a Unsplash

Le pratiche commerciali scorrette nei provvedimenti dell’AGCM

Una pratica commerciale “scorretta” viola i principi fondamentali previsti dal Codice del Consumo e quelli in materia di comunicazioni commerciali.

Ciò potrebbe avvenire (più o meno consapevolmente) per massimizzare i ricavi di un negozio online; o potrebbe accadere semplicemente per mancanza di chiarezza delle informazioni presentate su un sito; potrebbe infine essere idonea a fuorviare, condizionandolo, il comportamento del consumatore.

È una tematica posta spesso all’attenzione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM”): è allora utile tenere sempre in particolare considerazione gli orientamenti e le posizioni prevalenti, mostrate dall’esperienza e dalle decisioni contenziose, non solo per evitare verifiche ed eventuali provvedimenti ma anche, e soprattutto, per offrire ai consumatori un acquisto trasparente e rispettoso dei loro diritti.

In generale, una pratica commerciale è scorretta quando, in contrasto con il principio della diligenza professionale, è falsa o è idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore che raggiunge, o al quale è comunque rivolta (art. 20 D. Lgs. 206/2005).

La disciplina si applica alle pratiche commerciali scorrette poste in essere sia prima, che durante e dopo un’operazione commerciale relativa a un prodotto.

La legge suddivide le pratiche commerciali in due categorie: quelle ingannevoli e quelle aggressive.

Quali sono le pratiche commerciali “ingannevoli”? (art. 21 Codice del Consumo)

Alcune azioni considerate ingannevoli dall’AGCM sono, ad esempio:

  • quelle che assimilano gli effetti di un prodotto alimentare a quelli attribuibili alle funzioni di un farmaco, avvalendosi di etichette non autorizzate dalla Commissione europea;
  • la diffusione di informazioni non veritiere in merito alla capacità di memoria di prodotti software;
  • la creazione di indebita confusione tra cosmetici e trattamenti di medicina estetica mediante testi e immagini evocative.

Anche certe omissioni sono state sanzionate come “pratiche ingannevoli” dall’AGCM:

  • l’assenza di indicazioni puntuali sul tasso annuo effettivo globale (“TAEG”), in quanto non veniva consentito al consumatore di effettuare un’adeguata valutazione sulla convenienza effettiva di un’offerta finanziaria;
  • l’assenza, nei siti online che offrono servizi di comparazione dei prezzi e di prenotazione voli, di informazioni chiare, trasparenti e immediate sul reale costo del prodotto desiderato e su tutto ciò che è utile per orientare la scelta.

Esiste, poi, un elenco di pratiche elencate dall’art. 23 del Codice del Consumo, che sono considerate sempre ingannevoli, senza che si debba accertare la mancata diligenza e l’attitudine a falsare il comportamento economico del Consumatore, sulle quali si è pronunciato, oltre all’AGCM, anche il Consiglio di Stato (Cons. Stato 14 aprile 2020 n. 2414).

Quali sono le pratiche commerciali “aggressive”? (art. 24 Codice del Consumo)

Una pratica commerciale aggressiva è una condotta invasiva che comporta pressioni, coercizione, molestie o indebito condizionamento e influisce in concreto sulla libertà di scelta del consumatore.

Essa può avere luogo sia nel corso del rapporto contrattuale, sia nella fase di costituzione del vincolo negoziale.

Le pratiche commerciali aggressive non sono necessariamente connotate dal ricorso alla violenza fisica o verbale, ma sono accomunate dal fatto che il consumatore si trova in situazioni di stress che diventano determinanti per la sua decisione.

Ad esempio, il provvedimento dell’AGCM 20303/09 ha sanzionato

  • una procedura onerosa e farraginosa per il rimborso del credito residuo dell’utenza telefonica da parte di una società che agiva condizionando il comportamento del consumatore che intendeva cambiare gestore;
  • la prassi di un noleggio auto di bloccare temporaneamente una certa somma di denaro sulla carta di credito del cliente a garanzia dei danni che l’auto avrebbe potuto subire, inducendo il cliente, per sottrarsi al blocco di denaro sulla propria carta di credito, all’acquisto di prodotti assicurativi accessori.

Cosa può succedere in caso di violazione dei divieti?

Ai sensi dell’art. 27 comma 2 del Codice del Consumo, modificato dall’art. 37 comma 1 lett. a) n. 2 della legge n. 238/2021, in vigore dal 1 febbraio 2022, ogni soggetto od organizzazione che ne ha interesse può fare istanza all’AGCM in caso di pratiche commerciali scorrette affinché l’Autorità ne inibisca la continuazione e ne elimini gli effetti.

L’AGCM può agire anche d’ufficio in forza di poteri investigativi, esecutivi e di richiesta di informazioni, e può ottenere dal professionista responsabile l’assunzione di impegni, imporne l’applicazione e la pubblicazione.

In casi di urgenza l’AGCM può disporre, con provvedimento motivato, la sospensione provvisoria delle pratiche commerciali scorrette.

Il professionista che ha attuato una pratica commerciale scorretta può assumere l’impegno di porre fine all’infrazione utilizzando un apposito modello disposto dall’AGCM.

Quando l’AGCM ritiene la pratica commerciale contraria alle norme del Codice del Consumo, ne vieta la diffusione se l’attività non è ancora stata portata a conoscenza del pubblico, o ne proibisce la continuazione, se la pratica è già iniziata.

Per ogni inottemperanza è prevista l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie, da pagare entro 30 giorni dalla notifica del provvedimento dell’AGCM.

Contro le decisioni dell’AGCM è possibile ricorrere presso il TAR del Lazio per ottenerne l’annullamento, mentre il ricorso in appello si propone davanti al Consiglio di Stato.