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Green Pass e gestione della pandemia Covid-19 in azienda: ultima fermata?

(articolo aggiornato al 29 aprile 2022, ore 18:30)

Come probabilmente chiunque avrà letto, siamo arrivati a ieri (28 aprile) – non esattamente “dopo Pasqua” come promesso – per una indicazione definitiva sulla situazione a partire dal 1 maggio prossimo.

Di fatto, nel weekend le aziende dovranno adattare le loro procedure di accesso e controllo della forza lavoro alla luce delle nuove disposizioni, in ottica Green Pass, ma non avranno molto tempo per interrogarsi sulla questione mascherine.

Come indica la foto di copertina, in ogni caso, credo che alcune misure di sicurezza (il lavarsi le mani prima di tutto!) resteranno ancora per un po’: vediamo però gli aspetti più concreti e qualche indicazione operativa della prima – e quasi ultima – ora.

Addio Green Pass

Non è stato prorogato il requisito relativo alla necessità di Green Pass per l’accesso ai luoghi di lavoro privati: pertanto, dal 1 maggio (domenica) – e quindi soprattutto da lunedì prossimo, 2 maggio, per chi non ha “turni” o aziende aperte la domenica – non sarà più necessario (nè consentito, a rigore) limitare l’accesso ai soli dipendenti che ne sono in possesso.

Attenzione: non imporre la necessità significa di fatto vietare il controllo della “Certificazione verde” ai lavoratori.

Si possono quindi archiviare e/o accantonare:

  • la procedura operativa relativa a tali aspetti (conservandone una copia per ogni futura eventuale necessità)
  • le informative privacy redatte come esposte in precedenza
  • i totem, le postazioni di verifica e la cartellonistica che riguardava l’accesso vincolato al luogo di lavoro.

Andranno quindi rimosse e/o disattivate le misure di controllo predisposte, con cancellazione degli eventuali dati conservati.

E le mascherine al chiuso?

Quanto alle mascherine, l’ordinanza firmata dal Ministero della Salute (disponibile qui) unicamente raccomanda l’utilizzo continuo (almeno sino al 15 giugno prossimo) ma non lo rende obbligatorio.

L’interpretazione maggiormente conservativa – come pubblicata da molti degli organi di stampa che ho avuto modo di consultare in questo frenetico venerdì – ritiene che restino in vigore gli accordi tra le parti sociali che consigliano l’uso continuato negli spazi al chiuso, anche in considerazione della normativa di salute e sicurezza sul lavoro di cui al D. Lgs. 81/08.

In proposito, una nota di Confindustria già menzionata nel precedente articolo (qui) lo riteneva un atto quasi dovuto, per evitare focolai incontrollati da questo momento e sino all’estate, quando speriamo anche i numeri di contagi e decessi inizieranno a calare, insieme ai bollettini giornalieri.

Cosa fare?

Al di là di archiviare il lavoro che negli ultimi due anni è stato fatto (di corsa, faticosamente, navigando tra norme scritte in fretta e all’ultimo, in modo contorto – ma per carità, sull’onda di un’emergenza mai vista prima) resta importante informare tutto il personale.

Si suggerisce prima di tutto, per entrambi i temi (Green pass e mascherine) di fare una breve comunicazione a tutto il personale, e in particolare a coloro che sono autorizzati al controllo, al fine di tenerli informati delle nuove disposizioni.

In un secondo momento, ma neanche troppo in là, bisognerà capire se ci sono dati personali conservati negli archivi aziendali, e prepararsi a cancellarli in ossequio al principio di conservazione limitata (data retention).

In proposito, sarebbe auspicabile ricevere indicazioni dall’Autorità Garante per confermare quanto la legge, ad oggi, lascia ipotizzare.

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Novità in materia di Green Pass e gestione dell’emergenza Covid-19

Con la pubblicazione del Decreto Legge 24 marzo 2022, n. 24 il Governo italiano ha nuovamente modificato – questa volta in senso permissivo – la regolamentazione dell’uso e controllo del c.d. “Green Pass”, ossia la certificazione verde Covid-19 di cui abbiamo già riportato nei nostri precedenti articoli, all’introduzione qui ed in seguito qui.

Cosa cambia

Anche se la curva dei contagi non accenna a scendere, è stata decretata la fine dello “Stato di Emergenza” deliberato nel 2020 all’inizio della epidemia pandemica.

Con questa impostazione, vanno necessariamente a decadere una serie di restrizioni alla libertà di circolazione, interazione e comportamento poste a carico della collettività, tra cui appunto l’impiego del Green Pass in ambito – per quel che qui conta – lavorativo e aziendale.

Il Decreto fissa una sorta di percorso di “normalizzazione”, tant’è che i titoli degli artt. 6 e 7 sull’utilizzo del Green Pass base e rafforzato recano appunto la dicitura “Graduale eliminazione (…)”.

Un primo tema, riguardo l’accesso ai luoghi di lavoro, è regolato proprio dai menzionati articoli, laddove – pur estendendo di fatto lo Stato di Emergenza al 30 aprile, anche se non espressamente – si passerà dal 1 aprile all’utilizzo della versione base, per poi dal 1 maggio eliminare completamente la necessità di controllo ed esibizione della certificazione verde.

In proposito, resta comunque l’obbligo vaccinale per gli over 50, anche se non sarà più un pre-requisito per l’accesso in azienda, rimanendo unicamente sanzionabile in caso di controllo delle forze dell’ordine.

Un altro punto focale è l’uso delle mascherine sul luogo di lavoro, che parrebbe – a quanto si legge dal dettato normativo – prolungato solo sino al 30 aprile 2022.

E dopo? Molti si interrogano già da tempo sul bilanciamento tra garanzia di sicurezza e salute del personale in azienda, tra i compiti posti a carico del Datore di Lavoro ai sensi del D. Lgs. 81/2008, e libertà personale.

Una risposta certa, ad oggi – ma lo abbiamo ormai imparato – non c’è, e pare non arriverà prima degli ultimi giorni del mese di aprile, quando dobbiamo aspettarci una circolare o altro testo integrativo della situazione attualmente disegnata da questo Decreto Legge.

Tuttavia, una nota di Confindustria recentemente circolata propende, come diverse voci autorevoli nel settore, per una certa prudenza nell’abbandono delle mascherine in ambito lavorativo, anche alla luce dei contagi che non accennano a calare.

Piccola nota conclusiva in materia di trattamento di dati personali, con l’art. 13 che prevede il prolungamento dell’uso delle informazioni raccolte durante il periodo pandemico da parte del Ministero della salute di concerto con l’Istituto Superiore di Sanità, ai fini di monitoraggio della situazione, fissando altresì per legge l’esatta base giuridica da applicarsi (art. 9(2) lett. i) e j) del GDPR) e le modalità di condivisione dei dati con soggetti terzi per fini di elaborazione, ai sensi dell’art. 28 GDPR (nomina a responsabile).

Cosa fare in azienda

Di fondamentale importanza è passare, dal 1 aprile, alla verifica “base” del Green Pass per tutti.

In tal senso, ci si augura che sia l’app VerificaC19 che il portale INPS GreenPass50+ vengano prontamente aggiornati, eliminando rispettivamente la modalità di verifica chiamata “LAVORO” e le specifiche relative agli over-50 ove non vaccinati o guariti.

In ogni caso, sia le app locali che gli eventuali totem o verificatori all’accesso dovranno essere aggiornati e impostati correttamente: permane ancora la necessità di esporre e tenere a disposizione di tutti le informative privacy predisposte, nonché l’ulteriore documentazione – tra cui il protocollo di sicurezza – al fine di mantenere ancora ben ordinate le verifiche, almeno sino a tutto il 30 aprile 2022.

In seguito, si vedrà, come siamo ormai ben abituati a fare. Speriamo, solo, che tutto vada per il meglio e le restrizioni finalmente vengano eliminate in ragione di un effettivo calo dei contagi.

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Lo Smart Working: nuova normalità

Il prossimo 31 marzo, salvo novità dell’ultima ora, terminerà lo “stato di emergenza” in vigore sin dall’inizio dell’epidemia Covid-19 (marzo 2020), che ha consentito – tra le altre cose – di svolgere le mansioni lavorative di milioni di persone “da remoto” e/o con modalità “agili”, senza tuttavia dover sottostare ai requisiti fissati dalla legge in materia (l. n. 81/2017, QUI un link diretto a Normattiva).

Dal 1 aprile 2022, pertanto, le aziende che intendono continuare a consentire lo svolgimento del lavoro da remoto dovranno implementare una delle opzioni concesse dalla normativa speciale, e pertanto implementare in alternativa (i) il c.d. “Lavoro Agile” (o smart working) o (ii) il c.d. “telelavoro”, di cui alla risalente normativa in materia.

In mancanza di accordo individuale – firmato dal lavoratore e relativo protocollo – redatto dall’azienda – e/o di altri strumenti normativi (es. telelavoro) non sarà più consentito il lavoro da remoto.

Concentriamoci allora su quali aspetti fondamentali deve valutare l’azienda e, in seguito, quali documenti deve predisporre, anche alla luce del Protocollo stipulato dalle parti sociali in data 7 dicembre 2021 (reperibile QUI).

Gli aspetti da valutare

Un primo tema, fondamentale, è l’organizzazione aziendale: in questa nostra “nuova normalità” non si può trascurare il fatto che le persone si siano ormai abituate a lavorare (anche) da remoto, in movimento, altrove. Al contempo, le esigenze – della struttura, dei clienti, ecc. – sono di fondamentale importanza per la riuscita del progetto.

Tale valutazione ha impatti, ad esempio, riguardo alla “finestra” giornaliera di esecuzione della prestazione (es. fascia oraria 8-19, nella quale svolgere le 8 ore).

Un altro tema fondamentale riguarda la c.d. “security” tecnologica delle informazioni: è posto in capo al datore di lavoro, anche dall’ultimo Protocollo stipulato tra le parti sociali (dicembre 2021), di garantire strumenti adeguati sia alla corretta resa della prestazione, che alla riservatezza e tutela delle informazioni aziendali.

Allo stesso modo non può mancare anche una riflessione in materia privacy, riguardante i dati personali dei lavoratori, quanto al loro trattamento ed alle possibili caratteristiche dei sistemi implementati in ottica di c.d. “controllo da remoto”.

Infine, fissate tutte le linee guida generali, è assolutamente opportuno effettuare un ragionamento di “flessibilità” sia sulle variazioni a livello individuale (es. meno giornate, diminuzione su richiesta, ecc.) che di tipo “organizzativo” (es. richiamo in sede per necessità imposte dall’attività svolta e/o da uno specifico cliente).

I documenti da predisporre

I requisiti di legge prevedono, in primo luogo, la stipula di un accordo individuale tra azienda e lavoratore, che contenga le indicazioni fondamentali del nuovo assetto del rapporto di lavoro e del suo svolgimento, tra cui:

  • giornate di lavoro agile assegnate (meglio se per “unità organizzative”);
  • finestra oraria giornaliera di esecuzione della prestazione;
  • le modalità di eventuale allontamento (durante la prestazione) e interruzione o disconnessione (al termine della prestazione);
  • strumenti forniti per la prestazione (con particolare attenzione agli aspetti di security);
  • la durata e le modalità di recesso da parte di ciascun attore coinvolto.

Al di là dell’accordo, è consigliato – quasi necessario – stilare anche un regolamento interno che riporti le logiche aziendali poste alla base dell’organizzazione “smart”.

Accanto agli aspetti strettamente inerenti il lavoro agile, inoltre, la funzione RSPP è opportuno che condivida una informativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro inerente le tematiche di operatività da casa, postazione di lavoro, infortuni in itinere ed altro.

In aggiunta, si suggerisce la predisposizione e/o revisione di un regolamento dell’uso degli strumenti aziendali e del codice disciplinare per riscontrare le novità operative introdotte dall’assetto organizzativo aggiornato.

Suggerimenti operativi

Un primo aspetto che ha impatto sulla ricezione, da parte dei dipendenti, di un progetto di smart working è la comunicazione: è importante avvisare i lavoratori che il progetto è in sviluppo, fissando incontri di approfondimento o raccogliendo informazioni tramite survey per capire – tra le tante cose – se ad esempio le persone preferiscono 3, 4 o 5 giorni di lavoro agile rispetto a quello in azienda.

Allo stesso modo, va gestita con grande attenzione la contrattazione individuale, con cui si arriva alla firma dell’accordo con il singolo lavoratore: ciascuna persona può avere esigenze o desideri diversi (tra i tanti, una abitazione personale non adeguata o, invece, delle esigenze familiari particolari) che hanno grandi impatti sulla riuscita del progetto.

Gli aspetti normativi sono infine numerosi, e derivano non solo dalla normativa strettamente in materia di smart working, ma anche – ad esempio – in ambito privacy e sicurezza sul lavoro: per questa ragione è sempre opportuno coinvolgere, sin dall’inizio, tutti i consulenti e referenti aziendali interessati dall’ambito di innovazione e variazione derivante dal lavoro agile, per rendere questa “nuova normalità” sempre più una quotidianità ordinaria e conforme alla normativa non emergenziale.

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Green Pass e gestione dei dati personali

Il 6 settembre scorso è stata pubblicata dal Garante la Nota oggetto di questa news, di cui riportiamo:

  • i riferimenti in tema di gestione del c.d. “Green Pass”,
  • le principali indicazioni fornite dal Garante italiano, e
  • le modalità operative di gestione delle verifiche demandate alle aziende.

Le novità di settembre 2021

Nella giornata di ieri, 6 settembre 2021, il Garante italiano ha pubblicato una Nota Istituzionale, raggiungibile a questo link, in relazione ad “alcuni quesiti” presentati all’Autorità nel corso delle ultime settimane in relazione agli aspetti pratici e operativi di quanto previsto dal D.L. 105 del 2021, che ha introdotto l’obbligatorietà di verifica del c.d. “Green Pass” (o certificazione verde a carattere sanitario).

Appare evidente l’interesse generale di tali quesiti, e soprattutto delle relative risposte dell’Autorità (che, per quanto non aventi forza di legge, restano comunque di assoluta rilevanza interpretativa): per tale ragione, è utile riportarne di seguito una sintesi.

Il contenuto della Nota pubblicata

In primo luogo, il Garante ricorda la legittimità del trattamento di dati personali (anche, eventualmente, di tipo sanitario e quindi “particolari”) qualora si resti nel perimetro fissato dalla normativa di volta in volta vigente: ad esempio, alla data di redazione della Nota, gli artt. 9 e 9-bis del D.L. 52/2021 (convertito con modificazioni dalla legge n. 87/2021) che riportato i casi in cui è prevista l’obbligatorietà di controllo del Green Pass.

Il Garante procede altresì a ricordare – prima di tutto, al Legislatore – che dovrà essere a brevissimo oggetto di ulteriore produzione normativa la regolamentazione dell’uso e verifica delle certificazioni alternative al Green Pass, per i soggetti cui è impedita la vaccinazione e/o che sono comunque esentati dal presentare la certificazione verde nei casi di controllo obbligatorio.

In generale, il Garante conclude ricordando a ogni soggetto qualificabile come “Titolare del trattamento” (e quindi a ogni esercizio e/o attività che ricade nell’onere di verificare il Green Pass) che la normativa si regge – anche in materia di sanzioni – su principi come quello di c.d. “minimizzazione“, e quindi di riduzione ove possibile e al massimo dei dati personali trattati (consultati, salvati o anche solo brevemente visualizzati): il rispetto dello spirito della normativa dovrebbe nella maggior parte dei casi porre al riparo l’esercente (come detto, “Titolare” del trattamento) dalle sanzioni pecuniarie, astrattamente molto salate, previsto dal Reg. UE 2016/679 o “GDPR”.

Le modalità operative di rispetto delle indicazioni del Garante

In primo luogo, vale quindi la pena ricordare che il controllo del Green Pass è previsto solo e soltanto nei casi previsti dalla legge: per questa ragione, sarà necessario confrontare sempre l’evento o la situazione in cui ci si trova con l’elencazione sopra individuata, per poter stabilire se è (o meno) lecito procedere alla verifica.

Inoltre, la verifica dovrà necessariamente essere effettuata tramite l’app ufficiale “VerificaC19”, e non a mezzo di altre applicazioni – pure presenti sugli store iOS e Android – che permettono invece di “salvare” i Green Pass scansionati: tali diverse applicazioni – ferma la loro discutibile liceità – dovranno esclusivamente essere usate qualora un privato ritenga di voler memorizzare il proprio QR Code e/o quello di familiari, per praticità e solo per uso personalissimo.

Infine, sono importantissime le istruzioni fornite ai dipendenti e/o incaricati della verifica: opportuno che esse siano scritte, semplici e possibilmente soggette a dimostrazione della loro chiara sottoposizione all’operatore incaricato.

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