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Novità 231 dell’ultimo triennio

Nel corso degli ultimi anni il D.lgs. 231/2001 (“Decreto 231”), è stato oggetto di alcuni rilevanti interventi integrativi, dal punto di vista del catalogo dei reati presupposto: nella sua prima versione, infatti, il Decreto 231 contemplava solo disposizioni previste dai trattati e dalle convenzioni di cui la legge di delega costituiva ratifica e attuazione.

Ad oggi, invece, l’elenco delle basi si è ampliato notevolmente, giungendo all’art. “25-duodevicies”, ovvero in italiano il numero “diciotto” (letteralmente “due da venti” dal latino).

L’effetto risultante è quindi quello di aver trasformato oggi il Decreto 231 da disciplina volta a punire i c.d. “corporate crimes” ad una norma di ampio, amplissimo raggio, in cui sono confluiti gli illeciti più diversi.

I reati contro la Pubblica Amministrazione (novità 2019)

Nella sua prima versione, l’art. 25 del Decreto 231 introduceva la responsabilità dell’ente in relazione ai reati di corruzione e concussione commessi da soggetti apicali o in posizione subordinata, nell’interesse o a vantaggio dell’ente.

La legge n. 190/2012 (“Legge Anticorruzione”) ha modificato per la prima volta l’art. 25 del Decreto 231, inserendo nella rubrica della norma anche il reato di “induzione indebita a dare o a promettere utilità” e ha aggiunto la relativa disposizione ai reati presupposto, l’art. 319-quater del Codice penale.

Dalla Legge Anticorruzione è nata l’Autorità Nazionale Anticorruzione (“ANAC”), chiamata a definire a livello nazionale gli obiettivi per lo sviluppo della strategia di prevenzione della corruzione, ai quali devono conformarsi, a livello locale, le singole amministrazioni.

Successivamente, l’art. 25 del Decreto 231 è stato oggetto di un ulteriore intervento ad opera della Legge n. 3/2019 (“Legge spazzacorrotti”), che ha introdotto tra i reati presupposto anche il “traffico di influenze illecite” (art. 346-bis) e ha inasprito le sanzioni interdittive originariamente previste.

Nella prospettiva di conformarsi alle disposizioni innovative contenute nella “Direttiva PIF” (n. 2017/1371), il D. Lgs. 75/2020 ha apportato ulteriori novità al Decreto 231, prevedendo un inasprimento delle pene e un’estensione dell’area di punibilità per alcuni reati quando dalla loro commissione derivi una lesione degli interessi finanziari dell’Unione europea. Si è inoltre introdotta la punibilità a titolo di tentativo, nell’ipotesi di atti compiuti anche nel territorio di un altro Stato membro e finalizzati all’evasione dell’IVA per un valore non inferiore a 10 milioni di Euro. Non meno importante è stato il notevole ampliamento dei reati presupposto in materia di pubbliche forniture, di frode in agricolture e di contrabbando nei casi in cui da essi derivi un danno agli interessi finanziari dell’Unione europea.

Gli interventi legislativi che si sono succeduti nel tempo sono stati ispirati in particolare dall’esigenza di fornire una risposta alle istanze di contrasto alla “mala gestio” provenienti dall’opinione pubblica, e finalizzati a contrastare un fenomeno corruttivo che, a sistema, si rappresentava come sempre più diffuso e contiguo alla criminalità organizzata.

I reati tributari e il recepimento della direttiva PIF (novità 2019)

L’inclusione degli illeciti tributari nell’elenco dei reati presupposto è avvenuta ad opera del Decreto Legge n. 124 del 26 ottobre 2019 (“Decreto Fiscale”), a seguito di due ordini di ragioni: nazionale e sovranazionale.

Dal primo punto di vista, la giurisprudenza iniziava a manifestare l’ipotesi che i reati tributari dovessero comunque essere oggetto di monitoraggio, in quanto rientranti fra i delitti non colposi dai quali l’autoriciclaggio può trarre origine. I reati tributari erano potenzialmente idonei, infatti, a generare la responsabilità dell’ente nella misura in cui rappresentavano presupposto del delitto di associazione a delinquere, frequentemente di natura transnazionale.

Dalla prospettiva sovranazionale, l’Unione europea, con la Direttiva (UE) n. 2017/1371 relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale (“Direttiva PIF”), ha chiesto agli Stati membri di includere nella normativa nazionale (e quindi per noi nel Decreto 231) anche reati che ledono gli interessi dell’Unione europea, tra i quali le c.d. “frodi IVA”.

L’art. 6 della Direttiva PIF, in particolare, imponeva agli Stati membri di adottare le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili dei reati commessi a loro vantaggio da qualsiasi soggetto che detenga una posizione qualificata in seno alla persona giuridica stessa.

La conversione in legge, con modificazioni, del Decreto Fiscale (avvenuta con Legge 157 del 24 dicembre 2019) ha quindi introdotto nel Decreto 231 l’art. 25-quinquiesdecies, includendo tutte le fattispecie tributarie di maggiore gravità, tra le quali, dichiarazioni fraudolente, emissione di fatture false, occultamento o distruzione dei documenti contabili e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

I reati relativi a strumenti di pagamento “cashless” (novità 2021)

Nel solco di attuazione della Direttiva (UE) n.2019/713 relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti, l’art. 1 del D. Lgs. 184/2021, ha introdotto la nozione di strumenti di pagamento “cashless” o, in altri termini, diversi dai contanti.

La tematica ha un perimetro molto vasto e riguarda tutti i mezzi che permettono di gestire flussi monetari in formato elettronico. Sono compresi in questa ottica anche nuovi canali, ad esempio le applicazioni che consentono l’utilizzo di carte elettroniche prepagate, carte carburante, ticket per i pasti.

I reati presupposto introdotti sono relativi ad alcune condotte determinate, contemplate nelle fattispecie di seguito esposte.

In primo luogo, l’art. 493-ter del Codice Penale incrimina la condotta di chi, con la finalità di trarne un profitto, utilizza, non essendone titolare, carte di pagamento o ogni altro strumento di pagamento diverso dai contanti: la disposizione punisce anche chi falsifica o altera gli strumenti di pagamento cashless o possiede, cede o acquisisce strumenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati.

L’art. 493-quater del Codice Penale incrimina invece la produzione e varie condotte di “trasferimento” che siano volte a procurare per sé o per altri apparecchiature, dispositivi o programmi informatici che, per le proprie caratteristiche tecniche, siano costruiti principalmente per commettere reati riguardanti gli strumenti di pagamento diversi dai contanti. Infine, è rilevante l’art. 640-ter del Codice Penale per l’ipotesi aggravata della frode informatica che realizzi un trasferimento di denaro, di valore monetario o di valuta virtuale.

Infine, è rilevante l’art. 640-ter del Codice Penale per l’ipotesi aggravata della frode informatica che realizzi un trasferimento di denaro, di valore monetario o di valuta virtuale.

I reati “contro i beni culturali” (novità 2022)

Il 22 marzo 2022 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge 9 marzo 2022, n. 22 recante le disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale.

L’intenzione della norma è quella di rafforzare gli strumenti di tutela di categorie di beni di rilevante interesse sociale, artistico e culturale, con l’inserimento di alcuni delitti contro tale patrimonio tra i reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti.

La riforma integra, in particolare, il catalogo dei reati presupposto con l’inserimento di due nuovi articoli: l’articolo 25-septiesdecies in tema, proprio, di delitti contro il patrimonio culturale; e l’art. 25-duodevicies in materia di riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici.

Le disposizioni prevedono l’applicazione all’ente della sanzione pecuniaria da cinquecento a mille quote nel caso in cui l’ente, o una sua unità organizzativa, venga stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione di tali delitti; si può applicare, in questo caso, anche la sanzione dell’interdizione dall’esercizio dell’attività, che rientra tra le “sanzioni interdittive” previste dal Decreto 231 e che sono considerate univocamente dalla dottrina fra le più impattanti sull’ente e sulla sua attività economica.

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