Sanzione privacy a WhatsApp Ireland confermata, nonostante i ricorsi su più fronti

Foto di Liam Charmer su Unsplash

WhatsApp Ireland Ltd. (“WhatsApp”) contro l’European Data Protection Board (“EDPB”) e la Corte di Giustizia dell’Unione europea (“CGUE”): una “questione irlandese” che non ha nulla a che vedere con il regionalismo britannico e le sue lotte, ma che si inserisce nelle dinamiche dei trasferimenti internazionali di dati, delle procedure che l’EDPB adotta per garantire la corretta e coerente applicazione del GDPR all’interno dell’Unione europea e che vede coinvolta, questa volta, anche la Corte di Giustizia UE.

WhatsApp vs. EDPB

Nell’ambito dei trasferimenti internazionali di dati, esiste un’autorità definita “Capofila”, che è l’Autorità Garante dello Stato in cui è stabilito il Titolare o il Responsabile del trattamento di dati per trasferimenti tra altri Paesi, alla quale questi ultimi trasferiscono la competenza sul trattamento transfrontaliero in questione.

Se un’Autorità Capofila emana una decisione che diventa oggetto di obiezioni da parte delle altre Autorità Garanti, definite “Interessate”, e se queste obiezioni, pertinenti e motivate, vengono contestate dall’Autorità Capofila, l’EDPB interviene con un procedimento di risoluzione delle controversie ai sensi dell’art. 65 del GDPR.

È proprio con questo meccanismo che l’EDPB ha adottato, il 28 luglio 2021, una decisione vincolante a seguito di alcune indagini, basate su denunce relative alle attività di trattamento della piattaforma WhatsApp. La decisione riguarda, in particolare, la liceità e la trasparenza del trattamento per la pubblicità comportamentale e la liceità del trattamento ai fini del miglioramento dei servizi della piattaforma.

La decisione vincolante dell’EDPB arrivava in seguito a una sanzione dell’Autorità Garante irlandese, aumentandone notevolmente l’ammontare irrogato nei confronti di WhatsApp per violazione, da parte della piattaforma, della normativa del GDPR.

Numerose Autorità Garanti interessate avevano sollevato, infatti, obiezioni alla proposta di decisione dell’Autorità Garante irlandese, la quale, a fronte delle violazioni di WhatsApp, avrebbe comminato una sanzione non proporzionata, ritenuta “troppo leggera” e così inefficace.

A fronte di un atteggiamento tradizionalmente ritenuto tollerante e comprensivo, che ha spesso caratterizzato l’Autorità Garante irlandese nei confronti di società con sede principale negli Stati Uniti e che ha spinto le stesse società a stabilire la loro sede europea in Irlanda, questa volta il Garante irlandese è stato costretto – a causa della decisione vincolante dell’EDPB – a infliggere una sanzione ben superiore alla piattaforma, pari a 225 milioni di euro.

WhatsApp vs. CGUE

A seguito della sanzione ricevuta, WhatsApp ha adito la CGUE impugnando la decisione davanti alla CGUE, la quale, nella causa T-709/21 sulla domanda di annullamento della decisione vincolante del EDPB ha, invece, respinto il ricorso proposto da WhatsApp in quanto irricevibile perché non diretto contro un atto impugnabile ai sensi dell’art. 263 del TFUE.

La CGUE osserva che, affinché un atto possa essere impugnato, esso deve produrre effetti giuridici vincolanti e deve essere in grado di incidere sugli interessi del richiedente, determinando un netto mutamento della sua posizione giuridica. Questo requisito si somma, inoltre, alla necessità che il ricorrente sia direttamente e individualmente interessato da tale atto per essere legittimato ad agire.

Per quanto riguarda il requisito degli effetti giuridici sul richiedente, la CGUE ha ritenuto che la decisione impugnata non modifichi di per sé la posizione giuridica della piattaforma WhatsApp, in quanto, a differenza della decisione finale dell’autorità di controllo irlandese, la decisione impugnata non è direttamente esecutiva nei confronti della WhatsApp e costituisce un atto preparatorio di un procedimento che deve concludersi con l’adozione di una decisione definitiva di un’autorità nazionale di vigilanza nei confronti di tale impresa.

Per quanto riguarda il requisito del diretto e immediato interesse di WhatsApp, la CGUE ha rilevato che la decisione impugnata lascia un certo margine di discrezionalità all’Autorità Garante irlandese per quanto riguarda il contenuto della decisione finale, che riguarda anche altri aspetti, in particolare l’importo dell’ammenda amministrativa, non configurandosi un interesse conforme ai requisiti per l’interesse ad agire della piattaforma nel provvedimento dell’Autorità Garante.

Conclusione della vicenda

La CGUE si è espressa su una serie di elementi che, valutati nella loro complessità, avrebbero messo profondamente in crisi il ruolo dell’EDPB e il meccanismo di composizione delle controversie di cui all’art. 65 del GDPR, se la CGUE avesse accolto il ricorso.

La questione resta ancora aperta, però, dato che secondo la stessa CGUE, la validità della decisione impugnata potrà essere contestata dinanzi a un giudice nazionale, che potrebbe presentare una domanda di pronuncia pregiudiziale di nuovo sottoposta all’autorità della Corte europea.