L’effetto Bruxelles come chiave di lettura dei Regolamenti europei sui dati
Quando si parla di “effetto Bruxelles”, ci si riferisce alla capacità dell’Unione europea di influenzare e regolamentare i mercati globali in modo unilaterale.
In questo senso, si può parlare di “extraterritorialità” delle norme europee, che plasmano il contesto normativo internazionale senza la necessità di ricorrere a imposizioni o a strumenti di cooperazione ulteriori.
Questa dinamica consente all’Unione europea di esercitare indirettamente un’influenza profonda sul comportamento delle aziende, e di trasformare, in questo modo, i mercati globali.
Quali sono i modi e gli strumenti con cui l’Unione europea realizza l’effetto Bruxelles?
Capacità regolativa locale
La capacità dell’Unione europea di trasferire nel mondo le sue preferenze normative non dipende esclusivamente dalla dimensione del proprio mercato, che giustificherebbe, in astratto, la capacità dell’Unione europea di “calare dall’alto” normative dirette agli Stati membri.
La dimensione del mercato non dà conto, di per sé, della capacità dell’Unione europea di trasferire ad altri le sue preferenze normative, proprio come non tutti gli Stati con un mercato grande diventano fonti di standard univoci.
Invece, bisogna considerare che nuove normative vedono la luce raramente su impulso centrale dell’Unione europea, e in genere hanno origine in iniziative regolatorie intraprese dai singoli Stati membri.
Gli Stati europei sono importanti centri di sviluppo locale di norme che potrebbero dar forma a regolamenti Europei, e in seguito avere ricadute applicative in tutto il mondo attraverso l’effetto Bruxelles.
Si colloca, piuttosto, in una seconda fase, la capacità della giurisdizione europea di promulgare e far rispettare le regole, che contribuisce a garantire la loro extraterritorialità.
Poteri sanzionatori
La capacità regolativa dell’Unione europea è spesso connessa a un’altra condizione: la propensione a promulgare norme stringenti, alle quali siano associate sanzioni certe.
L’Unione europea, in questa ottica, ha delegato l’applicazione di molte normative europee, tra le quali il GDPR, agli Stati membri, mantenendo comunque in capo alla Commissione il potere di perseguire le violazioni dei singoli Stati che non implementano o non applicano integralmente le leggi dell’Unione europea.
In questo modo, anche la Commissione può garantire che gli Stati membri siano motivati ad adempiere al loro mandato, e quindi contribuire fattivamente alla capacità regolativa dell’Unione europea.
Adeguamento spontaneo delle aziende
Le aziende e, in particolare, le multinazionali, tendono a preferire l’uniformità normativa, e finiscono spesso per estendere volontariamente le regole europee a tutte le proprie attività nel mondo, evitando il costo di doversi adeguare a molteplici sistemi di regolazione diversi.
L’effetto Bruxelles ha influito su molte attività regolatorie, tra le quali quella del mercato digitale: le normative europee determinano, ad esempio in che modo le Big Tech raccolgono, gestiscono, conservano e monetizzano i dati personali.
Facebook, Google e Microsoft hanno scelto di adottare un’unica privacy policy globale – che rispecchia molto da vicino la normativa di matrice europea.
Allo stesso modo, il Codice di condotta europeo contro l’illecito incitamento all’odio online influenza il tipo di linguaggio che le aziende del web permettono sulle rispettive piattaforme: invece di far riferimento al Primo Emendamento statunitense in materia di libertà di espressione, aziende come Facebook, Twitter o YouTube si ispirano alla definizione europea di “linguaggio dell’odio” per decidere quale contenuto rimuovere dalle proprie piattaforme.
Una chiave di lettura per i nuovi regolamenti europei in materia di dati personali
Con la pubblicazione del Digital Services Act nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, insieme a quella del recente Digital Markets Act, viene arricchito ulteriormente il quadro normativo per creare uno spazio digitale in cui siano tutelati i diritti fondamentali di tutti gli utenti dei servizi, oltre ad essere garantite condizioni di parità per promuovere l’innovazione, la crescita e la competitività, nel mercato unico europeo e a livello mondiale.
Si vuole ambire, con lo spirito e il metodo descritto, sia a regolamentare soggetti extra europei sulla base del criterio dell’offerta di servizi a destinatari e utenti ubicati nel territorio dell’Unione, sia a innalzare uno standard per analoghe iniziative estere.
Si tratta di ambizioni elevate, che coinvolgono la costruzione di un regime composito, che andrà a intersecarsi con altrettanto complesse discipline e che terrà probabilmente molto impegnate le Corti, nazionali e non, per chiarire la sua applicazione.
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Immagine di copertina di Paolo Margari grazie a Unsplash