News #4/2023: in arrivo la norma ISO per il Privacy by Design, dovremmo forse implementarla tutti?

LE PRINCIPALI NEWS DELLA SETTIMANA:

  • sarà pubblicato a breve da ISO uno standard in ambito “privacy by design”, che forse permetterà finalmente di definire questa “buzz word” che sentiamo ormai da anni;
  • una nuova newsletter del nostro Garante, e nuove sanzioni assortite;
  • il Data Protection Day e la Convenzione 108;
  • Confindustria prende posizione sulla norma Whistleblowing;
  • Google ha qualche problema anche con il Dipartimento di Giustizia USA.
Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine

IL PROFILO DA SEGUIRE:

  • fonte inesauribile di approfondimenti e #contenuti in ambito informatico-giuridico, senza farsi mancare diversi spunti di sano #divertimento, il profilo del Prof. Giovanni Ziccardi è un “must” per chiunque – giovane o meno – operi nel nostro settore: c’è sempre da imparare, ogni giorno, qualcosa di nuovo!
Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine

QUESTA NEWSLETTER È STATA SCRITTA CON, IN SOTTOFONDO..

Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine

PRIVACY

ISO 31700 SULLA PRIVACY BY DESIGN – E’ prevista per l’8 febbraio l’adozione da parte dell’International Organization for Standardization della nuova ISO 31700, riguardo ai requisiti e alle indicazioni su come implementare il principio della “privacy by design”. L’obiettivo della certificazione sarà quello di fornire a tutti i Titolari del trattamento le informazioni necessarie per implementare correttamente l’assetto della protezione dei dati nel processo di gestione dei dati personali all’interno di enti ed organizzazioni, sulla base dei principi del GDPR. In questo modo si consentirà ai consumatori e ai soggetti interessati di far valere in modo ancora più efficace i propri diritti, determinando come progettare i controlli sulla privacy e la gestione dei dati durante il loro ciclo di vita.

NEWSLETTER GARANTE – Pubblicata lo scorso 24 gennaio l’ultima newsletter del Garante per la protezione dei dati personali. Tra le notizie: (i) sanzionate tre ASL friulane – in particolare, Azienda Universitaria “Friuli Occidentale”, “Friuli Centrale” e “Giuliano Isontina” – per aver classificato i pazienti in relazione al rischio di avere o meno complicanze in caso di Covid attraverso l’utilizzo di #algoritmi; (ii) parere favorevole del Garante in merito alla bozza di decreto legislativo di attuazione della Direttiva 2019/1937 (cd. #DirettivaWhistleblowing); (iii) disponibili le prime indicazioni del Garante al fine di conciliare le esigenze di tutela della privacy in occasione dell’applicazione del #DecretoTrasparenza; (iv) parere favorevole del Garante relativamente alle nuove disposizioni attuative per la #Cartadellacultura – ossia la carta elettronica istituita dalla legge n.15/2020 al fine di contrastare la povertà educativa e promuovere il sostegno della lettura.

DECISIONE VINCOLANTE EDPB WHATSAPP – Lo scorso 24 gennaio il Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB) ha annunciato di aver pubblicato la propria decisione vincolante nell’ambito della controversia promossa dalla DPC (Autorità garante irlandese) nei confronti di #WhatsApp. Come già illustrato nella nostra precedente newsletter, la decisione vincolante – sciogliendo i dubbi interpretativi della DPC – si è posta come fondamento per il provvedimento con il quale l’Autorità capofila ha potuto sanzionare la società. Nello specifico, l’EDPB ha deciso che WhatsApp si era indebitamente basata sul contratto come base giuridica per il trattamento dei dati personali e pertanto ha incaricato il Garante irlandese di completare ulteriormente il provvedimento con una violazione dell’articolo 6(1) del GDPR, nonché una violazione del principio di equità di cui all’articolo 5(1)(a) del GDPR. Inoltre, l’EDPB ha stabilito che il Garante irlandese dovrà svolgere un’indagine sulle operazioni di trattamento di WhatsApp al fine di determinare se tratta (i) categorie particolari di dati personali ai sensi dell’art. 9 del GDPR e (ii) dati personali per finalità di pubblicità comportamentale, per finalità di marketing, nonché per la fornitura di metriche a terzi e lo scambio di dati con società affiliate ai fini del miglioramento del servizio.

GARANTE PRIVACY SULLE INTERCETTAZIONI – L’Autorità Garante per la protezione dei dati ha evidenziato, durante l’audizione al Senato per l’indagine conoscitiva sulle intercettazioni, alcune criticità relative alle intercettazioni come mezzo di ricerca della prova, esprimendosi in particolare su (i) l’utilizzo di sistemi cloud per l’archiviazione delle informazioni raccolte, pericoloso sia per i diritti dei soggetti a cui i dati si riferiscono, sia per l’efficacia e la segretezza dell’azione investigativa; (ii) la particolare invasività dei software-spia che, nell’opinione del Garante, meriterebbe una riflessione da parte dell’organo legislativo in merito all’ambito di applicazione effettiva delle intercettazioni; (iii) sull’attenzione da prestare ai trojan utilizzati in ambito giudiziario.

SPESA E INVESTIMENTI PRIVACY – Il Data Privacy Benchmark report di CISCO ha analizzato gli investimenti effettuati dalle aziende nella privacy negli ultimi anni, individuando un aumento netto delle risorse stanziate per rispondere alle richieste degli utenti in tema di tecnologie e fornire ai consumatori un’effettiva tutela dei diritti. La richiesta di trasparenza da parte delle aziende è risultata essenziale per quasi la metà dei consumatori considerati dal report, e l’approccio di una società al tema della privacy ha mostrato un impatto che va ben oltre la compliance: gli investimenti in materia di privacy generano valore aziendale non solo per le vendite, ma anche per la sicurezza e la fiducia degli utenti. Investire nella privacy permette, come evidenziato dalle analisi di CISCO, di ridurre i ritardi nelle vendite, di mitigare l’impatto dovuto alle violazioni dei dati, di abilitare il processo di innovazione, di operare con maggiore efficienza, di consolidare la fiducia dei clienti e di attirarne di nuovi.

DATA PROTECTION DAY – Nel 2006, il Consiglio d’Europa ha deciso di istituire il Data Protection Day, da celebrare ogni anno in data #28gennaio, nella ricorrenza della Convenzione 108, che fu aperta alla firma nel 1981 per la protezione delle persone riguardo ai trattamenti automatizzati di dati personali. In forza di questa occasione, gli Stati firmatari si impegnarono ad adottare tutte le misure necessarie nel loro diritto interno, e ad applicare i principi stabiliti dalla stessa Convenzione per garantire il rispetto dei #diritti fondamentali delle persone in relazione al trattamento dei dati personali. La Convenzione 108 mira a creare una forte #comunità internazionale intorno alla protezione dei dati, e svolge un #ruolo fondamentale nel #diffondere il modello europeo di protezione dei dati a livello mondiale, essendo spesso utilizzata come fonte di #ispirazione dai Paesi che intendono adottare nuove normative in materia di rispetto della vita privata o #armonizzare quelle già esistenti con gli standard internazionali. In Italia, la Convenzione 108 è stata da ultimo recepita con la legge n. 60 del 22 aprile 2021 di Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica alla Convenzione sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati a carattere personale, fatto a Strasburgo il 10 ottobre 2018. In occasione del Data Protection Day ha luogo, in modo emblematico, la premiazione dello Stefano Rodotà Award, in onore del politico e professore, primo presidente del Garante Privacy che lavorò assiduamente per la promozione dei diritti fondamentali e gettò le basi del diritto alla protezione dei dati europea.

Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine

D. LGS. 231

WHISTLEBLOWING – Confindustria ha recentemente formulato alcune considerazioni (condensate nel documento cd. Position Paper) in merito alla bozza di decreto legislativo in materia di #whistleblowing elaborato dal Governo per dare attuazione alla Direttiva UE 2019/1937. In via generale, emerge dal documento la necessità che sussista un corretto bilanciamento tra la protezione del segnalante e la tutela dell’azienda (che, da parte sua, potrebbe essere colpita da danni reputazionali, nonchè economici, da un abuso dello strumento. In quest’ottica – più in particolare – Confindustria  reputa eccessiva (i) l’estensione dello strumento della segnalazione nelle PMI e (ii) la divulgazione pubblica delle segnalazioni che – riferendosi a violazioni del Modello 231 – risultino già oggetto di segnalazione interna. Il Paper suggerisce inoltre l’inserimento di una specifica disciplina di tutela.

ANALISI ANAC – Al fine di rafforzare la collaborazione con i Responsabili per la Prevenzione della Concorrenza e per la Trasparenza (RPCT), l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ha recentemente compiuto – attraverso la somministrazione di un questionario – una analisi delle esperienze e delle criticità riscontrate dagli stessi RPCT. I risultati dei questionari (111 in totale, suddivisi in due gruppi, “Amministrazioni medio-grandi” e “Piccole amministrazioni”) sono stati raccolti dall’Autorità all’interno di un documento (“Analisi di esperienze e criticità rilevate dai Responsabili per la Prevenzione della Corruzione e per la Trasparenza – gennaio 2023”). In particolare, tra gli esiti dell’indagine si registrano (i) difficoltà nell’adempiere alla rotazione del personale, (ii) scarsa sensibilità nei confronti della formazione del personale e (iii) inefficienze relative all’aggiornamento dei dati sulla trasparenza.

AIUTI COVID – Con la sentenza n. 1635 (consultabile gratuitamente per gli iscritti all’associazione Aodv231) la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che il sequestro preventivo per indebita percezione di fondi erogati per l’emergenza da Covid-19 è infondato nel caso in cui risultino assenti (i) la condotta ingannatoria del richiedente e (ii) il pericolo di dispersione dei beni. Dichiarando inammissibile il ricorso della Procura – che aveva impugnato il provvedimento di riesame che confermava la insussistenza dei presupposti del sequestro nei confronti della rappresentante legale di una società- gli Ermellini hanno specificato non solo che le condotte poste concretamente in essere dall’indagata erano del tutto lecite ma che, soprattutto, “requisito del provvedimento di sequestro preventivo (…) sia la concisa motivazione anche del ‘periculum in mora’, da rapportare (…) alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo rispetto alla definizione del giudizio con sentenza”. In altre parole, il Supremo giudice di legittimità esclude categoricamente ogni automatismo decisorio in grado di collegare la pericolosità alla mera natura obbligatoria della confisca.

Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine

MERCATI DIGITALI

GOOGLE – Secondo quanto riportano autorevoli fonti di stampa, pare che il Dipartimento di Giustizia si stia preparando a far causa a Google per la sua #posizionedominante sul mercato della pubblicità digitale. Il colosso di Mountain View è infatti il re indiscusso del settore degli annunci digitali (negli U.S.A. e non solo), detenendo per altro la maggior parte della tecnologia utilizzata per l’acquisto, la vendita e il servizio di pubblicità online ( configurandosi, dunque, come un vero e proprio monopolista). Google – che ha già nel suo cv tre procedimenti legali intentati da altrettanti procuratori generali – viene ora citata in giudizio a livello federale. L’inizio del processo si prevede verso settembre. La denuncia, in particolare, mira a far chiarezza sulla gestione della pubblicità, che farebbe ricavare a google dalle inserzioni l’80% dei suoi ricavi. 

GOOGLE/2 –  Google ha raggiunto un’intesa con l’Unione europa e è impegnato a limitare la propria capacità di apportare modifiche unilaterali agli ordini rispetto a prezzi o cancellazioni, e a creare un indirizzo di posta elettronica riservato alle autorità per la tutela dei consumatori, in modo che quest’ultime possano segnalare e richiedere la rapida rimozione di contenuti illegali. Il risultato di questi adeguamenti saranno informazioni più chiare e accurate sui servizi, con l’obiettivo di allineare le pratiche della piattaforma al diritto dell’Unione europea, in particolare per quanto riguarda la mancanza di trasparenza nei confronti dei consumatori.

CHIPS ACT – La commissione Industria ed energia del Parlamento europeo ha votato favorevolmente il progetto di legge sul Chips Act e, in particolare, ha dato il via libera all’aumento degli investimenti previsti per l’attuazione della normativa. Il Parlamento europeo si è impegnato a creare una rete di centri di competenza per gestire la necessaria formazione di lavoratori specializzati nel settore dei semiconduttori di prossima generazione e sui chip quantistici, con lo scopo di attrarre nuove risorse nella ricerca, nella progettazione e nella produzione. Il progetto permetterà di garantire che l’Unione europea sia all’avanguardia nella ricerca e nell’innovazione, che abbia un ambiente favorevole alle imprese, un processo di autorizzazione rapido e che investa in una forza lavoro qualificata per il settore dei semiconduttori.

Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine

NEWS DAL MONDO 

RUSSIA – Il Ministero dello sviluppo digitale, delle telecomunicazioni e dei mass media della Federazione russa ha annunciato di aver creato un “Centro nazionale per la crittografia digitale”. Tra i compiti del Centro – che verrà lanciato nel 2024 con l’obiettivo di diffondere l’uso di metodi di protezione crittografica – (i) lo sviluppo di produttori nazionali di strumenti di protezione crittografica, (ii) la formazione pratica per specialisti della sicurezza delle informazioni e lo sviluppo di strumenti per la protezione dei dati personali.

USA

  • NEW YORK

E’ stato presentato all’Assemblea dello Stato di New York il disegno di legge sulla protezione della privacy online dei dipendenti e degli studenti, che, a tutela di queste categorie di soggetti interessati, (i) limita i poteri del datore di lavoro nell’accedere a dati personali riguardo ai propri dipendenti e (ii) garantisce il rispetto delle tutele sui dati personali degli studenti da minacce alla sicurezza dei sistemi delle istituzioni educative.

  • HAWAII

E’ stato proposto al Senato delle Hawaii e approvato in prima lettura il 23 gennaio 2023 il disegno di legge sulla protezione dei dati personali, che mira a stabilire un quadro per regolamentare l’accesso dei titolari e dei responsabili del trattamento ai dati personali dei consumatori e introduce sanzioni e un nuovo fondo speciale per la privacy dei consumatori.

SANZIONI:

  • SPAGNA – L’autorità garante spagnola (“AEPD”) ha sanzionato il Dipartimento dell’Istruzione, della Cultura e dello Sport che, in qualità di Titolare del trattamento, ha condiviso via email con i vari dipartimenti un foglio Excel, contenente nome, cognome, carta d’identità e posizione lavorativa di oltre 200 dipendenti pubblici. 
  • GERMANIA – Il Tribunale regionale di Amburgo ha ritenuto illegittimo il trattamento di dati sanitari conservati in un registro dei tumori. Nonostante la natura del trattamento soddisfasse i caratteri previsti dall’art. 9(2) del GDPR, sarebbe stato però necessario fornire maggiori garanzie di sicurezza, anche a norma delle vigenti leggi nazionali, che invece risultavano carenti.
  • NORVEGIA –  L’autorità garante norvegese (“Datatilsynet”) ha ammonito la Chiesa locale per violazione dei diritti degli interessati ai sensi del GDPR in quanto, in qualità di Titolare del trattamento, raccoglieva le informazioni sulle nuove nascite dal registro nazionale della popolazione, divulgate sulla base della legislazione nazionale, compresi i dati particolari dei neonati, e, se almeno un genitore era un membro della comunità religiosa, il Titolare iscriveva i neonati come “persone affiliate”) in un registro.
  • ROMANIA –  L’autorità rumena per la protezione dei dati ha sanzionato una società nel settore degli elettrodomestici, che, da Titolare del trattamento, inviava SMS pubblicitari al soggetto interessato anche dopo la richiesta di quest’ultimo di essere cancellato dall’elenco del Titolare, condotta effettuata in violazione del diritto all’oblio.
Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine

SEZIONE SPECIALE: NOVITA’ DAL MONDO CYBERSEC

NIS2 E SICUREZZA INFORMATICA – Anche a seguito del recepimento della Direttiva NIS 2 (“Network and Information Security”) vengono sempre più in rilievo gli ambiti da implementare per la sicurezza informatica, che non viene vista solo come un insieme di strumenti e mezzi tecnici per prevenire gli attacchi, ma come un insieme di misure organizzative al centro delle quali è posta un’efficace politica di formazione del personale. Dal momento che il lavoro delle società in vari settori non può prescindere dai sistemi informatici, proteggere tali sistemi e i dati in essi contenuti diventa sempre più cruciale, così come definire delle procedure di emergenza in caso di attacco e dei piani di ripristino, in modo analogo a quanto succede per le grandi emergenze o catastrofi naturali. Il framework della Direttiva si articola in diverse azioni, fra le quali (i) l’identificazione dei rischi della tecnologia da parte degli utenti; (ii) la protezione dei sistemi informatici su cui gli utenti operano; (iii) la formazione del personale; (iv) i piani di emergenza predisposti e (v) i piani di ripristino approvati dalla società.

PIANO INFORMATICA PER PA DIGITALE – L’Agenzia per l’Italia Digitale ha pubblicato il Piano triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione per il periodo dal 2022 al 2024, redatto in collaborazione con numerosi altri dipartimenti, che recepisce ed estende i contenuti del PNRR e rappresenta un’opportunità di accelerare e migliorare l’esecuzione della transizione digitale della Pubblica Amministrazione. Il nuovo Piano triennale favorisce, infatti, lo sviluppo di una società digitale, cerca di promuovere lo sviluppo sostenibile, etico e inclusivo, attraverso l’innovazione e la digitalizzazione al servizio delle persone, delle comunità e dei territori, nel rispetto della sostenibilità ambientale, e di contribuire alla diffusione delle nuove tecnologie digitali nel tessuto produttivo italiano, incentivando la standardizzazione, l’innovazione e la sperimentazione nell’ambito dei servizi pubblici.

Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine

Immagine di copertina di Joshua Sortino grazie a Unsplash.

News #2/2023: Corte di Giustizia, EDPB, giurisprudenza italiana e AGCM, quante decisioni.

LE PRINCIPALI NEWS DELLA SETTIMANA:

  • l’EDPB rende #pubblica la propria decisione che ha “imposto” la sanzione a #Meta;
  • la Corte di Giustizia dell’UE ha pubblicato due #decisioni molto impattanti sulla compliance aziendale, che richiedono una riorganizzazione della gestione delle istanze degli interessati;
  • novità in materia di #accessibilità dei siti web e delle app, direttamente da #AgID;
  • dalla #giurisprudenza 231 arrivano importanti indicazioni in materia di confisca e infortuni sul lavoro;
  • importante sanzione #AGCM a Yoox.
Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine

IL PROFILO DA SEGUIRE:

  • spunti e approfondimenti, sempre attuali, delle principali novità in materia privacy e data protection sul profilo LinkedIn di data TENET®, che seguiamo attentamente anche noi in Project:IN per non perderci mai una news!
Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine

QUESTA NEWSLETTER È STATA SCRITTA CON, IN SOTTOFONDO..

  • Slow Dancing in a Burning Room – John Mayer (2006 – “Continuum”)
Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine

PRIVACY

DECISIONE VINCOLANTE EDPB SU META –  Lo scorso 12 gennaio il Comitato europeo per la protezione dei dati personali (EDPB) ha annunciato di aver pubblicato le sue decisioni vincolanti nell’ambito delle controversie promosse dal Garante irlandese contro Meta in relazione ai servizi Instagram Facebook.  Le decisioni, adottate ex art. 65 GDPR, costituiscono il risultato di una serie di indagini e valutazioni condotte dall’EDPB – e recepite dalla DPC irlandese all’interno del suo provvedimento dello scorso 31 dicembre 2022 –  circa la trasparenza e la liceità del trattamento relativo alla pubblicità comportamentale attuata dalle due piattaforme. All’appello manca ora soltanto la decisione vincolante relativa a WhatsApp, che arriverà non appena il Garante irlandese avrà pubblicato la propria decisione a riguardo.

I RICORSI SECONDO LA CGUE… – La Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE) ha emesso una sentenza in materia di ricorsi amministrativi e civili previsti dal GDPR. La questione aveva preso le mosse da un ricorso amministrativo presentato all’Alta Corte di Budapest da un individuo il quale, avendo preso parte ad una riunione della società NAIH e avendo esercitato il diritto di accesso alle registrazioni della seduta, si era visto consegnare soltanto gli estratti che riproducevano i suoi interventi. Il soggetto, inoltre, aveva contestualmente avviato avverso la decisione della società anche un procedimento in sede civile, basata sul diritto sancito dal GDPR  di proporre ricorso giurisdizionale in caso di violazione dei diritti in esso stabiliti. Interpellata circa la possibilità che uno dei due rimedi abbia prevalenza sull’altro – soprattutto al fine evitare contrasti tra giudicati – la CGUE ha chiarito che il GDPR non prevede alcuna gerarchia tra i rimedi amministrativi e civili, sottolineando che è demandato ai singoli stati membri il compito di garantire che il concorso dei rimedi attribuiti agli interessati non mettano in dubbio l’effettività e la tutela dei loro diritti.

… E L’ESERCIZIO DEI DIRITTI SECONDO LA CGUE – In un’altra importante decisione della scorsa settimana, la Corte ha stabilito che un interessato ha #diritto a conoscere tutti (nessuno escluso!) i destinatari dei propri dati personali, a cui un titolare oggetto di istanza di accesso ha trasferito tali informazioni. Non è sufficiente, secondo la Corte, l’indicazione delle (sole) categorie di destinatari, ma la loro elencazione analitica, salvo che sia tecnicamente impossibile o comunque di un livello di complessità molto alto, ovvero nel caso in cui la richiesta sia manifestamente infondata o eccessiva – casi molto molto rari, è utile chiarirlo subito. In sostanza, sulle istanze di accesso ai dati personali ogni azienda dovrà rivedere profondamente i propri strumenti di analisi e risposta, in tempi brevi.

TIKTOK vs. CNIL – Con il comunicato stampa dello scorso 12 gennaio, l’Autorità francese per la protezione dei dati (CNIL) ha annunciato di aver sanzionato il social network TikTok per 5 milioni di euro in ragione della violazione della ePrivacy Directive e della legge locale francese, ritenendosi direttamente e territorialmente competente a emettere tale sanzione nei confronti di due società con sede in UK e Irlanda di proprietà del colosso cinese, ritenendo non direttamente applicabile il regime di one-stop-shop di cui al GDPR.

PUBBLICAZIONE DI VIDEO DI MINORI – Eva Kaili, ex vicepresidente del Parlamento Europeo nonché una dei protagonisti dello scandalo ormai noto come #Quatargate, ha di recente ricevuto la visita della figlia (minorenne) nel carcere di Haren. La notizia, che ha fatto il giro di tutta l’Europa, è stata corredata dalla stampa online da un video nel quale si vede chiaramente la minore. La questione non è passata inosservata agli occhi del Garante italiano il quale, con un comunicato stampa diffuso lo scorso 9 gennaio, ha definito il video lesivo della personalità e dello sviluppo psico-fisico della bambina in quanto comporta la permanenza di immagini che violano riservatezza e anonimato per un tempo potenzialmente infinito. L’Autorità ha pertanto invitato gli organi di stampa e i social media ad astenersi dal diffondere tali immagini, soprattutto alla luce del fatto che il contenuto non si connette ad alcun interesse pubblico rispetto alla vicenda del Qatargate. A tal fine, il Garante richiama le regole deontologiche connesse alla professione di giornalista e la Carta di Treviso, che impone una tutela rafforzata in caso di soggetti minorenni.

PROTOCOLLO DI INTESA PER LA CYBERSECURITY –  Con il comunicato stampa del 11 gennaio, l’Agenzia Nazionale per la Cybersecurity (“ACN”) ha annunciato la firma del protocollo di intesa sulla sicurezza informatica con la Camera dei dei Deputati, che si inserisce sia in un contesto globale sempre più complesso per la cybersicurezza, sia nel percorso di trasformazione digitale avviato dalla Camera nello svolgimento della sua funzione istituzionale. In particolare, lo scambio efficace di informazioni per il potenziamento dei servizi di gestione e contenimento delle minacce informatiche, la realizzazione di collaborazioni attraverso la definizione di best practice, nonché l’aggiornamento e la formazione del personale, rivestiranno una notevole importanza che permetterà di avviare un confronto qualificato a tutela dell’Istituzione e nell’interesse generale del Paese.

Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine

D. LGS. 231

DATI DALLA GIURISPRUDENZA DEL TRIVENETO – L’Osservatorio 231 del Dipartimento di diritto pubblico, internazionale e comunitario dell’Università degli Studi di Padova ha recentemente pubblicato un documento di sintesi relativo alle categorie di reati-presupposto maggiormente trattati dai tribunali del Triveneto (Trentino – Alto Adige, Veneto e Friuli – Venezia Giulia) nel triennio 2019-2021. In primo luogo, il report segnala una significativa riduzione dei procedimenti 231 nell’area geografica di riferimento nell’anno 2020, dato chiaramente influenzato dalla generalizzata riduzione delle attività imprenditoriali a causa dell’emergenza pandemica. Per quanto riguarda l’analisi delle categorie di reato riscontrate, il 70% degli illeciti sono relativi a reati contro la pubblica amministrazione, ambientali e di omicidio e lesioni colpose derivanti dalla violazione della normativa dettata in materia di salute e sicurezza. In crescita, tuttavia, il trend relativo ai reati tributari.

OPERAZIONI TRANSFRONTALIERE – Lo schema di decreto legislativo di recepimento della Direttiva (UE) 2019/2121, presentato dal Governo il 9 dicembre 2022 e sul quale il Parlamento si dovrà esprimere con un parere entro il 19 gennaio 2023, (i) propone l’armonizzazione delle disposizioni sulle operazioni di trasformazione e scissione transfrontaliera, (ii) modifica la disciplina della fusione societaria. L’obiettivo della normativa è quello di fornire alle società nuove possibilità di crescita economica, di concorrenza effettiva e di produttività, senza rinunciare a garantire elevati livelli di protezione sociale. Inoltre, la normativa punta a facilitare le trasformazioni, fusioni e scissioni transfrontaliere delle aziende dell’Unione europea, al fine di assicurare una maggiore mobilità ed eliminare barriere ingiustificate alla libertà di stabilimento nel mercato unico europeo. A tal fine, si prevede il rilascio di un certificato preliminare come esito della regolare presentazione di progetti di operazioni transfrontaliere. Lo schema impone inoltre sanzioni penali in caso di false o omesse dichiarazioni in relazione alla sussistenza delle condizioni richieste per il rilascio del citato certificato – illecito peraltro inserito, nella proposta del Governo, all’interno del catalogo dei reati-presupposto del Decreto 231 attraverso la modifica dell’art. 25-ter.

CONFISCA DI PREVENZIONE MAFIOSA – La Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata, nella sentenza n. 47388/2022 (qui su IusinItinere), sui presupposti applicativi della misure di prevenzione patrimoniale della confisca. Nel caso di specie, la confisca era stata posta in essere nei confronti di un indagato per appartenenza ad un’associazione mafiosa. La Corte ha ritenuto applicabile la misura, nonostante fosse possibile determinare il momento iniziale e finale della pericolosità qualificata, anche su beni acquisiti in periodo successivo a quello di cessazione della condotta permanente. Questo perché sono risultate una serie di evidenze di fatto che hanno provato la diretta derivazione delle acquisizioni patrimoniali dalla provvista nel periodo di compimento dell’attività delittuosa. 

INFORTUNI SUL LAVORO – La Corte di Cassazione è intervenuta recentemente con la sentenza 570/2023 a sottolineare alcuni principi in materia di infortuni sul lavoro e responsabilità 231. La società ricorrente era stata condannata, in primo luogo, per non aver svolto adeguate valutazioni relative ai fornitori, che erano previste, in realtà, dal Modello organizzativo; e secondariamente per non avere predisposto a norma alcune infrastrutture lavorative, nonostante la loro corretta edificazione fosse prevista dalla disciplina aziendale. Le mancanze sono state ritenute imputabili all’Amministratore della società, in qualità di datore di lavoro e in quanto tenuto al rispetto delle norme in materia di sicurezza e prevenzione. I giudici di legittimità, nell’indagine sulla configurabilità dell’illecito per la società, hanno stabilito che le condotte colpose dei soggetti-persone fisiche, presupposto dell’illecito amministrativo, rilevano laddove sia riscontrabile la mancanza o l’inadeguatezza delle cautele predisposte per la prevenzione dei reati previsti dal Decreto 231. È la carenza di tali misure organizzative, in quanto atte a determinare le condizioni di verificazione del reato presupposto, che giustifica il rimprovero e l’imputazione dell’illecito al soggetto collettivo, oltre a sorreggere la costruzione giuridica per cui l’ente risponde dell’illecito per fatto proprio (e non per fatto altrui).

Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine

MERCATI DIGITALI

YOOX vs. AGCM – Il comunicato stampa emesso da AGCM lo scorso venerdì 13 gennaio ha portato cattive notizie per un importante player del settore eCommerce, YOOX Net-a-Porter Group. L’Autorità Garante ha infatti ravvisato, in un’azione di monitoraggio nel periodo 2019-2022, gravi comportamenti da parte della società consistiti, tra le altre cose, in (i) l’annullamento di ordini online già perfezionati al superamento, da parte del consumatore, di determinate soglie di “reso”, (ii) un comportamento ingannevole riguardo ai prezzi esposti, consistiti – a seconda del periodo – in un aumento del prezzo poi oggetto di sconto (cosicchè di fatto sconto non vi era), oppure in un calcolo dello sconto su un prezzo “medio” presente sul mercato, e non su quello effettivamente praticato dall’eCommerce. Tutto questo, senza alcuna trasparenza verso il consumatore: di conseguenza, la sanzione è stata calcolata in ben 5 milioni di euro, oltre alla necessità (entro 60 giorni) di indicare da parte della società i correttivi che intende introdurre per superare i rilievi mossi.

ACCESSIBILITA’ DEI SITI WEB E DELLE APP – Nei giorni scorsi AgID (“Agenzia per l’Italia digitale”) ha pubblicato una circolare con i chiarimenti interpretativi sull’estensione da parte del DL 76/2020 di alcuni vincoli già in essere per le Pubbliche Amministrazioni dal 2004, in merito a specifici strumenti per consentire l’utilizzo di siti web e applicazioni mobile anche a soggetti con disabilità. Sono interessati da tale provvedimento i soggetti che offrono servizi al pubblico e che hanno conseguito un fatturato medio, negli ultimi tre anni di attività, superiore a 500 milioni di euro, con l’obiettivo di consentire la più ampia inclusione delle persone con disabilità verso servizi essenziali o comunque di largo accesso.

USO DEI SOCIAL – Interessante report annuale di MGP & Partners sull’utilizzo dei social network, disponibile seguendo questo link: per i brand, tra le altre cose, emerge come di grande importanza la capacità di #ascoltare con più attenzione le esigenze dei consumatori, in un mondo iper connesso e dove anche l’opinione del singolo, ormai, conta.

TWITTER – L’ondata di licenziamenti che ha segnato le #BigTech nel corso dello scorso 2022 pare non essersi fermata. A far parlare di sé è ancora una volta #Twitter, che comincia il nuovo anno con il licenziamento di circa 12 dipendenti del team di moderazione dei contenuti impiegati nelle sedi di Singapore e Dublino. In particolare, pare che i dipendenti coinvolti nel taglio avessero il compito di agire per il contrasto della disinformazione online. 

TIKTOK – Il nuovo set normativo europeo in materia di dati personali comincia a mostrare la sua forza oltre i confini dell’Unione. Lo scorso 10 gennaio, l’amministratore delegato di TiTok (Shou Zi Chew) è stato attenzionato – nel corso di una giornata fitta di incontri con alcuni dei commissari europei – del fatto che la società deve tornare a guadagnarsi la fiducia dell’Unione. Tra i vari argomenti trattati, di particolare importanza (i) la sicurezza dei minori, (ii) la trasparenza dei contenuti politici a pagamento e (iii) la conformità, appunto, con la nuova normativa europea in materia di privacy, in particolare con il Digital Services Act e il Digital Markets Act.

Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine

ALTRE NEWS DAL MONDO

USA/1 – La Federal Communications Commission (“FCC”) ha annunciato la propria bozza di regolamento che aggiornerà i requisiti di segnalazione delle violazioni dei dati relativi alle reti proprietarie dei clienti (“CPNI”). In particolare, la FCC ha spiegato che intende allineare le sue regole con i recenti sviluppi delle leggi federali e statali sulla violazione dei dati, vigenti in altri settori. In particolare, la normativa proposta mira a (i) rimuovere l’attuale periodo di attesa obbligatorio di sette giorni lavorativi per la notifica ai clienti di una violazione, (ii) a richiedere la notifica al consumatore da parte dei vettori di violazioni involontarie e (iii) a imporre la notifica di tutte le violazioni segnalabili al FCC, il Federal Bureau of Investigation (“FBI”) e i servizi segreti statunitensi.

USA/2 – La Federal Trade Commission (“FTC”) ha di recente annunciato di aver emesso un ordine contro la società Drizly LLC per violazione del Federal Trade Commission Act. In particolare, sono emerse importanti falle nel sistema di sicurezza della società che hanno comportato la violazione di dati personali di circa 2,5 milioni di consumatori. Secondo quanto riferito dalla FTC, sebbene fosse già stata avvisata negli scorsi anni della vulnerabilità dei propri sistemi, la società non aveva di fatto provveduto ad adottare misure idonee a garantire un’adeguata protezione dei dati. Nell’ordine emesso dall’Autorità viene richiesto a Drizly, tra le altre cose, di (i) attuare un programma di sicurezza delle informazioni e stabilire garanzie di sicurezza, (ii) dichiarare sul proprio sito web le categorie di informazioni che raccoglie e i motivi per cui tale raccolta è necessaria e (iii) distruggere tutti i dati raccolti senza necessità, nonché astenersi dal raccogliere in futuro dati e informazioni non necessari per gli scopi prefissati in apposito programma di conservazione.

REGNO UNITO/1 – Il Center for Data Ethics and Innovation (“CDEI”) ha aggiornato l’Algorithmic Transparency Recording Standard, a seguito di una fase pilota in tutto il settore pubblico. Il CDEI ha affermato che lo standard aiuterà le organizzazioni del settore pubblico a fornire informazioni chiare sugli strumenti algoritmici che utilizzano, e sul motivo per cui li utilizzano, dato che la trasparenza in questo settore richiede apertura su come gli strumenti algoritmici supportano il processo decisionale, e sulle decisioni assistite da algoritmi in un formato completo, aperto, comprensibile, facilmente accessibile e gratuito.

REGNO UNITO/2 – Lo scorso 10 gennaio la FCA (Financial Conduct Authority) ha annunciato di aver emesso un avviso con il quale ha sanzionato la Guaranty Trust Bank (UK) per importanti lacune in materia di antiriciclaggio nel periodo compreso tra l’ottobre 2014 e il luglio 2019. Secondo l’Autorità, nel lasso temporale preso a riferimento, la Guaranty Trust Bank non ha adeguatamente compiuto valutazioni in merito al rischio dei clienti, non valutando e/o documentando, in particolare, i rischi connessi ad attività di riciclaggio. Per tali motivi, la banca è stata raggiunta da una sanzione di ben 7,6 milioni di sterline.

SLOVENIA – La legge sulla protezione dei dati personali (“ZVOP-2”) è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale, dopo essere stata adottata dall’Assemblea nazionale della Repubblica di Slovenia il 15 dicembre 2022. In particolare, la ZVOP-2, che recepisce il GDPR nella legislazione locale, entrerà in vigore il 26 gennaio 2023, sostituendo così l’attuale legge sulla protezione dei dati personali del 2004.

WASHINGTON D.C. – Il Procuratore Generale (“AG”) ha annunciato un accordo di $ 9.500.000 con Google LLC per dirimere la controversia sorta in seguito alle pratiche di tracciamento della posizione di Google, che si era impegnata in pratiche ingannevoli, tra le quali una serie di attività che avrebbero ripetutamente spinto gli utenti ad abilitare la posizione in determinate app, per la ragione che i prodotti non avrebbero funzionato correttamente se la posizione non fosse stata abilitata. L’accordo stabilisce anche che, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore, Google dovrà predisporre un report che dimostri il proprio rispetto dell’accordo. 

GIAPPONE –  il ministero dell’Interno e delle comunicazioni giapponese (“MIC”) ha aperto una consultazione pubblica, che durerà fino al 30 gennaio 2023, sulla bozza di orientamento sui danni causati da un attacco informatico, sottolineando che, con l’aumentare della minaccia di attacchi informatici, sarà vantaggioso sia per l’organizzazione lesa che per la collettività condividere le informazioni sugli attacchi informatici, per chiarire l’intera portata degli eventuali danni e rafforzare le contromisure da adottare.

INDIA – Il Ministero dell’elettronica e dell’informatica indiano (MeitY) ha di recente reso pubbliche le bozze di modifica delle linee guida in materia di giochi online (“Linee guida per gli intermediari e codice etico dei media digitali 2021”, cd. Regolamento IT) e ne ha contestualmente avviato una consultazione pubblica. Le ragioni delle modifiche vanno ricercate nella necessità che (i) i giochi online siano offerti in conformità alle leggi indiane e (ii) che gli utenti siano tutelati dai potenziali danni. Tra le novità proposte figura, tra le altre cose, anche la previsione che un intermediario di giochi online osservi, nell’adempimento dei propri doveri, la due diligence richiesta dal Regolamento IT – che impone, tra le altre cose, di compiere ogni sforzo ragionevole per evitare che i propri utenti agiscano in maniera non conforme alla legge indiana, anche in materia di gioco d’azzardo.

SPAGNA – L’autorità spagnola per la protezione dei dati (“AEPD”) ha annunciato, il 10 gennaio 2023, che oltre 100.000 Data Protection Officers (“DPOs”) sono registrati nel registro pubblico previsto sia per il settore pubblico che per quello privato, per i settori in cui la nomina è obbligatoria. Inoltre, l’AEPD ha specificato che il registro è a disposizione dei cittadini per accedere ai dati di contatto degli DPO, per ottenere informazioni sul trattamento dei propri dati personali, esercitare i propri diritti o presentare un reclamo. 

GERMANIA – L’Ufficio federale dei cartelli (Bundeskartellamt) ha reso noto di aver inviato ad Alphabet Inc., Google Ireland Ltd. e Google Germany GmbH la propria valutazione circa le condizioni di trattamento dei dati operate da Google. Nella valutazione il Bundeskartellamt ha evidenziato che gli utenti di Google dispongono solo di un minimo margine di scelta in merito all’accettazione dell’ampio trattamento di dati effettuato da Google. Al momento l’Autorità ha basato la propria valutazione esclusivamente sulla normativa tedesca dettata in materia di concorrenza, tuttavia appare più che verosimile che in futuro si applicherà, in casi simili, la nuova normativa europea del Digital Markets Act (DMA).

BELGIO – L’Autorità belga per la protezione dei dati ha aggiornato e comunicato la propria decisione nei confronti del’Interactive Advertising Bureau (“IAB”), in cui ha stabilito di aver imposto allo stesso una sanzione di € 250.000 per violazioni del GDPR. L’autorità belga ha confermato il piano di azione del IAB volto a rendere il trattamento dei dati personali nel contesto del Transparency and Consent Framework conforme alle disposizioni del GDPR.

Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine

Immagine di copertina di Matt Duncan grazie a Unsplash.

L’Organismo di Vigilanza come supervisore del whistleblowing

La questione che si propone nell’articolo è se l’Organismo di Vigilanza possa essere la figura più adeguata a ricevere e gestire le segnalazioni relative a illeciti commessi dai soggetti di cui all’art. 5 co. 1 del Decreto 231, o a violazioni del Modello di organizzazione e gestione di una società (“whistleblowing”).

La questione è aperta e dibattuta, anche e soprattutto a causa della lunga vicenda relativa al recepimento nell’ordinamento italiano della Direttiva UE 2019/1937 (“Direttiva whistleblowing”), che impone agli Stati membri dell’Unione europea di conformarsi entro il 17 dicembre 2021 – termine che l’Italia non ha ancora rispettato, nonostante la prossima scadenza del 10 dicembre 2022 della legge di delegazione europea (Legge n. 127 del 4 agosto 2022).

L’assenza di poteri gestori dell’Organismo di Vigilanza

L’Organismo di Vigilanza, per il ruolo che svolge e le caratteristiche che gli sono attribuite dalla legge, è autonomo, indipendente e ha l’onere di vigilare sul funzionamento, sul rispetto e sull’aggiornamento del Modello di organizzazione e gestione della società.

Dal punto di vista della struttura della società, la dottrina ha nel tempo riportato che l’Organismo di Vigilanza non costituisce un organo della società, e non ha una funzione di garanzia degli interessi collettivi, o di terzi soggetti; esso è piuttosto un suo “ufficio”, la cui presenza costituisce una modalità organizzativa interna.

Il Decreto 231, inoltre, non attribuisce all’Organismo di Vigilanza poteri di intervento impeditivi nei confronti di comportamenti irregolari o illeciti, né poteri disciplinari e sanzionatori diretti, che richiederebbero un’autorità e una signoria sui comportamenti altrui all’interno e all’esterno della società.

La presenza in azienda di membri dell’Organismo di Vigilanza non risulta funzionale ad una gestione dell’ente e non consente ai componenti di intromettersi nelle scelte dell’imprenditore circa le modalità di conduzione dell’impresa.

Anche il Garante Privacy ha segnalato, nel suo parere sulla qualificazione soggettiva ai fini privacy degli Organismi di Vigilanza previsti dall’art. 6, d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 del 12 maggio 2020, che l’Organismo di Vigilanza, pur avendo funzioni di controllo, non è dotato di alcun potere impeditivo nei confronti degli eventuali autori del reato, e non ha obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria in relazione agli illeciti di cui viene a conoscenza a causa e nell’esercizio delle sue funzioni.

Per la giurisprudenza di legittimità (Cass. Pen. Sez. VI n. 23401 del 11/11/2021) l’Organismo di vigilanza non può avere connotazioni di tipo gestorio, che ne minerebbero l’autonomia, ma ad esso spettano compiti di controllo sistemico continuativo sulle regole cautelari predisposte e sul loro rispetto nell’ambito del modello organizzativo di cui la società si è dotata.

Il whistleblowing non deve essere gestito, ma controllato dall’Organismo di Vigilanza

Il comma 2-bis dell’art. 6 del Decreto 231 prevede che i Modelli di Organizzazione e Gestione devono prevedere uno o più canali che consentano ai soggetti in posizioni apicali e a coloro che sono sottoposti alla loro direzione e controllo di presentare, a tutela dell’integrità della società, segnalazioni circostanziate di condotte illecite o di violazioni del Modello di organizzazione e gestione.

Il Decreto 231 non reca alcuna indicazione circa i destinatari delle segnalazioni, né individua i gestori dei canali previsti dal Decreto stesso.

Non spetta quindi ex lege all’Organismo di Vigilanza la gestione delle segnalazioni in questione, ed è anche rimessa alla discrezionalità della Società la scelta di individuare in un soggetto diverso il destinatario di tali segnalazioni, che avrà il compito di istruirle e adottare ogni provvedimento conseguente.

Il fatto che l’Organismo di Vigilanza non debba necessariamente essere il gestore del whistleblowing, però, non significa che esso possa rimanere estraneo alle segnalazioni e al loro seguito: l’Organismo di Vigilanza deve comunque vigilare sulle segnalazioni, in quanto parte necessaria del Modello di organizzazione e gestione.

_______________________________________________

Immagine di copertina di John Peters grazie a Unsplash

L’effetto Bruxelles come chiave di lettura dei Regolamenti europei sui dati

Quando si parla di “effetto Bruxelles”, ci si riferisce alla capacità dell’Unione europea di influenzare e regolamentare i mercati globali in modo unilaterale.

In questo senso, si può parlare di “extraterritorialità” delle norme europee, che plasmano il contesto normativo internazionale senza la necessità di ricorrere a imposizioni o a strumenti di cooperazione ulteriori.

Questa dinamica consente all’Unione europea di esercitare indirettamente un’influenza profonda sul comportamento delle aziende, e di trasformare, in questo modo, i mercati globali.

Quali sono i modi e gli strumenti con cui l’Unione europea realizza l’effetto Bruxelles?

Capacità regolativa locale

La capacità dell’Unione europea di trasferire nel mondo le sue preferenze normative non dipende esclusivamente dalla dimensione del proprio mercato, che giustificherebbe, in astratto, la capacità dell’Unione europea di “calare dall’alto” normative dirette agli Stati membri.

La dimensione del mercato non dà conto, di per sé, della capacità dell’Unione europea di trasferire ad altri le sue preferenze normative, proprio come non tutti gli Stati con un mercato grande diventano fonti di standard univoci.

Invece, bisogna considerare che nuove normative vedono la luce raramente su impulso centrale dell’Unione europea, e in genere hanno origine in iniziative regolatorie intraprese dai singoli Stati membri.

Gli Stati europei sono importanti centri di sviluppo locale di norme che potrebbero dar forma a regolamenti Europei, e in seguito avere ricadute applicative in tutto il mondo attraverso l’effetto Bruxelles.

Si colloca, piuttosto, in una seconda fase, la capacità della giurisdizione europea di promulgare e far rispettare le regole, che contribuisce a garantire la loro extraterritorialità.

Poteri sanzionatori

La capacità regolativa dell’Unione europea è spesso connessa a un’altra condizione: la propensione a promulgare norme stringenti, alle quali siano associate sanzioni certe.

L’Unione europea, in questa ottica, ha delegato l’applicazione di molte normative europee, tra le quali il GDPR, agli Stati membri, mantenendo comunque in capo alla Commissione il potere di perseguire le violazioni dei singoli Stati che non implementano o non applicano integralmente le leggi dell’Unione europea.

In questo modo, anche la Commissione può garantire che gli Stati membri siano motivati ad adempiere al loro mandato, e quindi contribuire fattivamente alla capacità regolativa dell’Unione europea.

Adeguamento spontaneo delle aziende

Le aziende e, in particolare, le multinazionali, tendono a preferire l’uniformità normativa, e finiscono spesso per estendere volontariamente le regole europee a tutte le proprie attività nel mondo, evitando il costo di doversi adeguare a molteplici sistemi di regolazione diversi.

L’effetto Bruxelles ha influito su molte attività regolatorie, tra le quali quella del mercato digitale: le normative europee determinano, ad esempio in che modo le Big Tech raccolgono, gestiscono, conservano e monetizzano i dati personali.

Facebook, Google e Microsoft hanno scelto di adottare un’unica privacy policy globale – che rispecchia molto da vicino la normativa di matrice europea.

Allo stesso modo, il Codice di condotta europeo contro l’illecito incitamento all’odio online influenza il tipo di linguaggio che le aziende del web permettono sulle rispettive piattaforme: invece di far riferimento al Primo Emendamento statunitense in materia di libertà di espressione, aziende come Facebook, Twitter o YouTube si ispirano alla definizione europea di “linguaggio dell’odio” per decidere quale contenuto rimuovere dalle proprie piattaforme.

Una chiave di lettura per i nuovi regolamenti europei in materia di dati personali

Con la pubblicazione del Digital Services Act nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, insieme a quella del recente Digital Markets Act, viene arricchito ulteriormente il quadro normativo per creare uno spazio digitale in cui siano tutelati i diritti fondamentali di tutti gli utenti dei servizi, oltre ad essere garantite condizioni di parità per promuovere l’innovazione, la crescita e la competitività, nel mercato unico europeo e a livello mondiale.

Si vuole ambire, con lo spirito e il metodo descritto, sia a regolamentare soggetti extra europei sulla base del criterio dell’offerta di servizi a destinatari e utenti ubicati nel territorio dell’Unione, sia a innalzare uno standard per analoghe iniziative estere.

Si tratta di ambizioni elevate, che coinvolgono la costruzione di un regime composito, che andrà a intersecarsi con altrettanto complesse discipline e che terrà probabilmente molto impegnate le Corti, nazionali e non, per chiarire la sua applicazione.

________________________________________________

Immagine di copertina di Paolo Margari grazie a Unsplash

Il percorso USA verso una legge privacy federale

Lo scorso 3 giugno è stata presentata al Congresso degli Stati Uniti l’American Data Privacy & Protection Act (ADPPA), il più recente e – almeno al momento – efficace tentativo di costruire una legge federale in materia di trattamento e protezione di dati personali.

La prospettiva di una legge federale in USA è, oggi più che mai, estremamente importante: si pensi prima di tutto al tema dei “trasferimenti internazionali” di dati personali, che così tanto sta creando complessità e problemi soprattutto rispetto alle previsioni e tutele poste dalla legislazione dell’Unione Europea.

Il panorama legislativo statunitense in materia di protezione di dati personali è, infatti, attualmente assai disomogeneo: su cinquantuno Stati esistono solamente cinque legislazioni complete (California, Connecticut, Colorato, Utah e Virginia) tra loro, tuttavia, poco allineate.

ADPPA: luci e ombre

Sebbene l’approvazione dell’ADPPA porterebbe con sé dei risultati indubbiamente positivi – come, ad esempio, l’irrobustimento delle tutele dei cittadini soprattutto in quelle aree in cui di fatto, non esistendo una normativa dedicata non esistono diritti specifici in materia – dall’altro desta comunque delle perplessità.

Innanzitutto, poiché la bozza di legge contiene una prelazione del diritto federale (quindi centrale) su quello statale (quindi locale): una sua approvazione comporterebbe così inevitabilmente un abbassamento del livello di protezione in quegli stati in cui la normativa statale è particolarmente favorevole.

Le maggiori problematiche si registrerebbero allora in California dove, oltre a vedersi fortemente ridotti i diritti concessi dal CPRA (California Privacy Rights Act), si assisterebbe anche allo scioglimento della California Privacy Protection Agency (CPPA), l’equivalente dei Garanti nazionali europei.

L’ADPPA escluderebbe inoltre dall’ambito dei dati protetti, tra gli altri, i dati relativi ai dipendenti. In altre parole, risulterebbero sprovvisti di ogni tutela dati personali quali:

  • le informazioni identificative e di contatto del dipendente;
  • i contatti di emergenza resi dal dipendente al proprio datore di lavoro;
  • le informazioni relative al dipendente, al coniuge o ad altri familiari fornite ai fini dell’accesso a determinati benefici occupazionali.

Non un nuovo GDPR

Benché la bozza non si ispiri propriamente al GDPR, esistono dei punti di contatto tra le due normative.

Entrambe, infatti, sanciscono ad esempio il principio di Privacy by Design – per il quale la tutela dei dati personali debba attuarsi sin dalla fase della progettazione di prodotti/servizi – così come la necessità che i dati siano “adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati” (cd. minimizzazione dei dati).

Valutazioni essenzialmente simili sono effettuate anche per quanto riguarda i dati sensibili (o particolari): anche l’ADPPA riconosce particolare tutela a tutte quelle informazioni in grado di rivelare lo stato di salute – passato, presente e futuro – di un individuo, arrivando poi ad annoverare in tale categoria di dati anche le comunicazioni private di un individuo, come ad esempio sms o e-mail.

Trasferimenti UE – USA

Dal punto di vista di noi “osservatori europei” la questione indubbiamente più importante è quella relativa alla possibilità che, in seguito all’approvazione della bozza, possa tornarsi a parlare di trasferimenti di dati tra Unione e Stati Uniti.

Nell’era post Schrems II la domanda da un milione di dollari è: l’American Data Privacy & Protection Act sarà in grado di garantire un livello di tutela dei dati (dei cittadini americani, ma anche e soprattutto di quelli europei) ritenuto accettabile dal GDPR?

La risposta è delicata ed estremamente complicata, data la vigenza del FISA (Foreign Intelligence Surveillance Act) 702 che, di fatto, attribuisce alle autorità ampissimi poteri di controllo e di accesso ai dati presenti nel territorio statunitense.

In proposito, giova ricordare che sono ormai trascorsi oltre sei mesi dall’annuncio di un nuovo EU-US Privacy Framework, senza che vi siano stati ulteriori sviluppi concreti che aiutino gli operatori del settore: in questo senso, novità legislative oltreoceano (che comunque entrerebbero in vigore non prima del 2023 inoltrato) darebbero un grande aiuto.

Per ora non ci resta che aspettare, continuando a tenere gli occhi fissi oltre oceano.

_______________________________________________

Si ringrazia Gage Nelson via Unsplash per la foto di copertina

Decreto “Trasparenza” / 2: gli aspetti di diritto del lavoro

Integriamo la scheda pubblicata in precedenza con quella, redatta in collaborazione con RG Avvocati, riguardante gli aspetti prettamente lavoristici – non pochi e per nulla banali – di novità del Decreto appena approvato, in vigore dal prossimo 13 agosto.

Buona lettura!

Decreto “Trasparenza”/ 1: implicazioni privacy delle novità

Il prossimo 13 agosto entrerà a tutti gli effetti in vigore, senza la previsione di alcun periodo di transizione, il nuovo D.Lgs. 104/2022 (cd. Decreto Trasparenza).

Il Decreto, emanato per recepire all’interno dell’ordinamento italiano la Direttiva Europea 2019/1152 (cd. Direttiva trasparenza) reca importanti novità in materia di obblighi – soprattutto infornativi ed integrativi – del datore di lavoro. Tali obblighi dovranno essere assolti, con riferimento ai nuovi assunti, al momento dell’instaurazione del rapporto di lavoro e comunque prima dell’inizio dell’attività lavorativa, mediante la consegna del contratto di lavoro redatto per iscritto o, in alternativa, della copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro.

La finalità perseguita – prima a livello comunitario e poi interno – è quella di migrare verso forme di lavoro più trasparenti e prevedibili: in quest’ottica, la previsione di nuovi oneri in capo al datore di lavoro si configura come lo strumento operativo necessario al raggiungimento delle finalità sancite dalla normativa.

Le nuove disposizioni si applicano ad una vasta gamma di tipologie contrattuali (a titolo esemplificativo e non esaustivo, contratti di lavoro subordinato, somministrato, contratti di lavoro intermittente e co.co.co.) e, come già accennato, prevedono un aumento degli oneri posti in capo al soggetto qualificato, nell’ambito del rapporto, come datore di lavoro. Tali oneri possono sostanzialmente suddividersi in due categorie.

Da un lato vengono innanzitutto stabiliti obblighi di comunicazione inerenti al rapporto di lavoro, che impongo al datore di lavoro di comunicare – modo chiaro e trasparente e con modalità cartacea o digitale – informazioni quali, tra le altre, l’identità delle parti e il luogo di lavoro, la durata delle ferie e i modi per esercitare il diritto di recesso

Dall’altro lato, vengono introdotte novità anche in materia di tutela delle informazioni e dei dati personali relativi ai lavoratori.

 Da questo punto di vista, il datore di lavoro sarà tenuto a:

  • informare il lavoratore circa l’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati in grado di incidere sul rapporto di lavoro;
  • integrare l’informativa, qualora già resa in precedenza, con tutte le istruzioni di sicurezza relative all’utilizzo di tali sistemi atomizzati.

Di notevole importanza anche la previsione di specifiche misure di tutela. In particolare:

  1. la possibilità di ricorrere a strumenti più agevoli e rapidi per la risoluzione di controversie insorte tra le parti;
  2. la previsione di una sanzione per comportamenti ritorsivi che il datore di lavoro ponga eventualmente in essere, come conseguenza dell’avvio di un procedimento, anche non giudiziario, da parte del lavoratore;
  3. la previsione di una tutela contro il licenziamento o altro comportamento ritorsivo posto eventualmente in essere dal datore di lavoro in conseguenza dell’esercizio, da parte del lavoratore, dei diritti stabiliti nel decreto trasparenza e nel D.Lgs. 152/1997.

Di seguito la nostra scheda riassuntiva dettagliata, relativa all’ambito privacy, a cui seguirà una ulteriore scheda in ambito lavoristico redatta in collaborazione con lo studio RG Avvocati.

___________________________________________

Immagine di copertina di Cytonn Photography grazie a Unsplash

Novità in materia Smart Working: il 31 agosto (al momento) è la data.

Il prossimo 31 agosto la versione “emergenziale” dello smart working cesserà.

Con la fine del periodo emergenziale tramonterà anche il periodo “di favore” concesso alle aziende private allo scopo di fornire un accesso allo smart working – o, abbandonando ogni inglesismo, al cd. “lavoro agile” – semplificato dal punto di vista procedurale.

Nel corso degli ultimi due anni, infatti, l’accesso a tale modalità di lavoro è avvenuta attraverso un iter estremamente celere e scorrevole, rivelandosi sufficiente l’invio al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di apposito modulo contenente l’elencazione di tutti i lavoratori dell’azienda coinvolti nel passaggio di modalità.

Quindi, dal 1° settembre 2022 toneranno in vigore le regole dettate dalla legge n. 81/2017, integrate da quanto in ultimo stabilito dal “Protocollo nazionale sul lavoro in lavoro agile” del 7 dicembre 2021.

Già lo scorso marzo eravamo intervenuti sul tema con l’approfondimento “Lo smart working: nuova normalità”.

Tuttavia, alla luce dell’imminente cambio di normativa, ci sembra opportuno rispolverarne i passaggi fondamentali.

Nell’ultimo paragrafo, invece, trovate le attività concrete e operative da effettuare prima del 31 agosto, al fine di continuare ad accedere al “lavoro agile” correttamente.

Legge 81/2017

La legge 22 maggio 2017, n. 81 reca – al capo II e con l’obiettivo di bilanciare le esigenze private e professionali del lavoratore – disposizioni in materia di lavoro agile, per tale intendendosi una modalità di lavoro flessibile, caratterizzata dall’assenza di particolari vincoli in termini di luogo e di orari di lavoro. 

Rispetto alla procedura semplificata di matrice emergenziale, la legge sul lavoro agile risulta sicuramente più rigida e vincolante: la comunicazione complessiva dei nominativi sarà soppiantata dalla sottoscrizione di un accordo individuale con ciascuno dei lavoratori coinvolti.

Vincoli vengono poi imposti al datore di lavoro anche per quanto riguarda il contenuto di tale accordo.

Dovrà infatti figurare nel testo:

  • la previsione di tempi di riposo del lavoratore e diritto alla sua disconnessione (art. 19);
  • la previsione del diritto recesso dall’accordo (art. 19, secondo comma);
  •  una garanzia di un trattamento economico e normativo non inferiore a quello applicato ai colleghi che eseguono le mansioni in modalità ordinaria (art. 20);
  • la disciplina poteri di controllo del datore di lavoro ex art.4 Statuto dei lavoratori (art.21).

Il datore di lavoro, inoltre, deve inoltre fornire al lavoratore agile una informativa scritta per la sicurezza, una tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali per rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dell’azienda, nonché una tutela contro gli infortuni sul lavoro occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto.

Protocollo Nazionale sul Lavoro Agile

Ad integrare la normativa è intervenuto, lo scorso 7 dicembre, il Protocollo nazionale sul lavoro agile, dettando regole e vincoli ulteriori.

Innanzitutto, vengono individuate informazioni aggiuntive da inserire nell’accordo di cui alla legge n.81/2017. Tra queste figurano, tra le altre, la durata dell’accordo e i luoghi eventualmente esclusi ai fini della prestazione lavorativa, l’alternanza con periodi di lavoro in sede e gli strumenti di lavoro, nonché i tempi di riposo e le forme di esercizio dei diritti sindacali.

Ribadisce inoltre gli elementi caratterizzanti il lavoro agile:

  • l’assenza di un preciso orario di lavoro (art.3);
  • il rispetto della normativa relativa alla protezione dei dati personali (art.12);
  • la libertà del lavoratore di scegliere il luogo in cui svolgere la prestazione lavorativa (art.4);
  • la fornitura, di regola, da parte del datore di lavoro di tutta la strumentazione tecnologica e informatica necessaria allo svolgimento della prestazione lavorativa (art.5);

Suggerimenti operativi

Per un passaggio lineare allo smart working – o per un suo mantenimento, laddove sia attualmente attivo –, un primo aspetto da tenere ben in conto attiene alla comunicazione: è difatti importantissimo avvisare i lavoratori di tale possibilità, preferibilmente attraverso l’organizzazione di incontri di approfondimento, finalizzati anche a comprendere, tra le altre cose, le preferenze e le disponibilità per quanto riguarda la il numero di giornate lavorative da destinarsi all’una o all’altra modalità di lavoro.

Allo stesso modo, particolare attenzione va riservata alla gestione della contrattazione individuale. Ogni lavoratore è difatti portatore di esigenze e desideri diversi, che diversamente impattano sulla buona riuscita del progetto.

Dovranno pertanto essere attentamente analizzati i bisogni di ciascun lavoratore, in modo tale da garantire che l’obiettivo fissato dal Legislatore – bilanciamento vita privata/lavoro, ma anche incremento della produttività – venga efficacemente raggiunto.

Alla luce di quanto detto, appare evidente che gli aspetti da tenere in conto sono numerosi e diversi, che non si limitano al solo ambito della normativa lavoristica ma ricomprendono anche aspetti privacy e sicurezza sul lavoro.

Al di là dei singoli accordi individuali, è consigliato – anzi, quasi necessario – stilare un regolamento interno che riporti le logiche aziendali poste alla base dell’organizzazione dello smart working nonché predisporre e/o revisionare il regolamento d’uso degli strumenti aziendali e il codice disciplinare.

Per questa ragione, il suggerimento è quello di coinvolgere, sempre e sin dall’inizio, tutti i consulenti e i referenti aziendali di volta in volta interessati dall’innovazione o cambiamento, in modo tale staccarsi sempre più dal concetto di “emergenza”, rendendo sempre più “normale” il ricorso a questa forma agile di lavoro.

_________________________________________

Immagine di copertina di Austin Distel grazie a Unsplash

Organismo di Vigilanza: compiti, requisiti e responsabilità

L’organismo di vigilanza è un organo introdotto nel nostro ordinamento dal D. Lgs. 231/ 2001– che lo scorso 8 giugno ha compiuto 21 anni, diventando così maggiorenne in tutti gli stati del mondo – istituito al fine di vigilare sulla corretta applicazione del modello di organizzazione, gestione e controllo (cd. MOGC) e dei protocolli in esso previsti, in tutti quei casi in cui gli operatori imprenditoriali decidano di dotarsene.

È importante ricordare, infatti, che l’adozione del modello di organizzazione e gestione e la correlata istituzione di un organismo di vigilanza (anche “OdV”) sono rimesse alla facoltà di ciascuna entità produttiva; il legislatore lascia dunque loro piena libertà di decidere se equipaggiarsi o meno di questi strumenti di compliance.

L’OdV riveste nel panorama aziendale un ruolo centrale ed insostituibile: soltanto laddove questo funzioni in maniera corretta – attraverso una scrupolosa attività di vigilanza sull’osservazione del modello e di aggiornamento dello stesso, ove necessario – la società che lo ha nominato sarà in grado di ottenere l’esimente prevista dall’art. 6 del Decreto 231 in relazione ai reati-presupposto commessi da soggetti operanti al suo interno.

Cosa ci dice l’articolo 6

L’art. 6 comma 1, lettere b) e d) del D. Lgs 231/2001 stabilisce che l’ente può essere esonerato dalla responsabilità conseguente alla commissione di illeciti da parte di un dipendente – apicale o sottoposto – se:

  • prova che “il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo” e
  • non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo”.

Già dai primi articoli il Decreto esprime in maniera chiara ed evidente la necessità che il modello, una volta adottato, non rimanga relegato allo stato di mero adempimento formale.

La corretta attuazione del MOGC passa, come è evidente, inevitabilmente attraverso una costante attività di controllo e vigilanza dei protocolli e delle procedure in esso previste, nonché di adeguamento laddove le stesso dovessero risultare in corso d’opera inadeguate al perseguimento degli obiettivi di tutela fissati dalla normativa 231.

Affinché tali attività vengano svolte nel migliore dei modi dall’OdV, la legge richiede la sussistenza nei suoi (o nel suo, a seconda dei casi) membri di particolari requisiti.

Composizione: monocratica o collegiale?

La legge non fornisce precise indicazioni per quanto concerne la composizione dell’OdV; agli operatori del settore è dunque demandata la scelta di optare tra un organismo monocratico o collegiale.

Sebbene la scelta sia sostanzialmente libera, è prassi consolidata quella di optare per un organismo collegiale (formato da componenti interni o esterni all’ente), soprattutto nelle strutture aziendali di grandi dimensioni e maggiormente articolate.

In questi casi, se l’ente ha natura di società di capitali, l’art. 6 del Decreto 231 comma 4 bis, il ruolo di OdV può essere ricoperto dal collegio sindacale, dal consiglio di sorveglianza e dal comitato per il controllo della gestione.

La scelta deve, in altre parole, sempre rispecchiare la complessità delle attività che l’organismo è chiamato a gestire: se optare per un Organismo di Vigilanza monocratico risulterebbe delicato e foriero di problematiche per una multinazionale, potrebbe certamente essere la soluzione ottimale per una piccola impresa in cui l’organizzazione interna non è particolarmente strutturata.

Proprio per tali ragioni, l’art. 6 comma 4 prevede la possibilità che nelle piccole imprese sia addirittura lo stesso organo dirigente a ricoprire il ruolo di OdV.

Requisiti

In considerazione delle delicate funzioni che la legge demanda alla competenza dell’Organismo di Vigilanza, si richiedere che i suoi membri siano dotati di particolari requisiti, elaborati dalla giurisprudenza sulla base di quanto espresso nel decreto 231.

Autonomia e indipendenza: la posizione dell’organismo di vigilanza deve essere tale da garantire un’azione di controllo autonoma, ossia svincolata da ogni forma di condizionamento proveniente da componenti dell’ente, in particolare dall’organo dirigente (che, al contrario, è uno dei soggetti controllati).

L’organismo deve inoltre essere personalmente ed economicamente indipendente: non deve cioè versare in condizioni di conflitto di interesse, nemmeno potenziali.

È chiaro che, quanto più l’organismo sia composto da soggetti estranei all’organizzazione, tanto maggiore sarà il suo grado di autonomia ed indipendenza globale.

A livello giurisprudenziale si è poi consolidata una posizione per cui, perché possa parlarsi di autonomia ed indipendenza dell’organismo deputato alla vigilanza del modello 231, non debba sussistere alcun tipo di sovrapposizione tra soggetto controllato e organo controllante.

Tale principio è stato messo nero su bianco anche nelle sentenze che hanno definito il caso (tragicamente famoso) dell’incidente avvenuto nello stabilimento torinese delle acciaierie Thyssenkrupp.

Professionalità: tale requisito, (elaborato da Tribunale di Napoli con sentenza del 26 giugno 2007) richiede che l’OdV sia dotato di specifiche competenze e conoscenze tecniche idonee a garantire un controllo adeguato.

Visti gli evidenti punti di contatto della normativa 231 con elementi di diritto penale, uno dei componenti dell’OdV dovrebbe preferibilmente essere un esperto della materia.

• Continuità di azione: l’OdV deve essere strutturato in maniera tale da garantire una attività di controllo costante e continuata, tale da garantire modifiche puntuali al modello ogni qual volta ciò risulti necessario in relazione a quello che è lo sviluppo della realtà aziendale che il modello è chiamato a regolare.

Compiti e responsabilità

I poteri, i compiti e le responsabilità affidati dalla normativa vigente alle cure dell’OdV sono tutti indirizzati alla prevenzione della commissione di reatipresupposto da parte dell’organizzazione che lo ha nominato e si sostanziano essenzialmente in attività tipo consultivo, proposito e di impulso, tra cui (a titolo esemplificativo e non esaustivo):

  • vigilare sulla corretta applicazione del modello;
  • curare l’aggiornamento e l’implementazione dello stesso, ove necessario;
  • verificare la diffusione del modello in ambito aziendale;
  • analizzare i flussi informativi;
  • svolgere audit.

_________________

Immagine di Agence Olloweb ottenuta grazie a Unsplash

Il prossimo “Privacy Shield”: avvenimenti, criticità e possibilità aperte

Alla luce della novità di ieri, con il Garante italiano che ha – allineandosi ad altri “colleghi” europei – sanzionato l’uso di Google Analytics per il trasferimento di dati verso gli USA, ritenuto non conforme a GDPR, riteniamo molto interessante tornare sul tema degli accordi transatlantici USA-UE per (provare a) rendere lecita l’attività che coinvolge fornitori americani.

Gli avvenimenti principali: Max Schrems e la Corte di Giustizia UE

Il “Privacy Shield”, che permetteva il trasferimento di dati personali fra Unione europea e gli Stati Uniti, era un meccanismo approvato dall’Unione europea in seguito all’abolizione – sempre per mano della Corte di Giustizia UE – del suo predecessore, il “EU-USA Safe Harbour”.

Entrambi gli accordi definivano gli Stati Uniti come un Paese verso cui è possibile effettuare, secondo certe condizioni, un trasferimento dei dati di cittadini europei e/o persone comunque soggette alla normativa UE: ciò fino all’incontro-scontro con Max Schrems, giovane avvocato e attivista austriaco, che da anni sfida le politiche di trasferimento di dati verso gli USA attuate, in particolare, nell’ambito del social network “Facebook”.

Nel 2011, Max Schrems, dopo aver assistito a una lezione, in un’università della California, tenuta dal privacy lawyer di Facebook, si è reso conto che le politiche del social network non tutelavano la privacy degli utenti, e ha scaricato una copia da Facebook dei dati che lo riguardavano, in possesso della piattaforma. L’allora studente di legge ha trovato oltre 1.200 pagine di informazioni sul suo conto, contenenti anche tutti i messaggi scambiati sulla piattaforma, compresi quelli cancellati.

È iniziata così la battaglia legale, alla quale si sono aggiunte, in modo decisivo, nel 2013, le rilevazioni di Edward Snowden, ex tecnico della CIA, secondo cui anche il governo degli Stati Uniti poteva avere accesso ai dati di Facebook, e non solo i gestori del social.

La prima vittoria di Schrems è del 2015, quando la Commissione europea ha smantellato la struttura del Safe Harbour. Ma l’attivista ha proseguito ancora, e nel luglio 2020 la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha emesso una nuova sentenza che ha abbattuto anche il Privacy Shield.

Max Schrems, nel frattempo, ha anche fondato una organizzazione no profit (“NOYB”, “None Of Your business”).

Cos’è rimasto in piedi dell’impianto legislativo per il trasferimento dei dati personali europei negli Stati Uniti?

La Corte di Giustizia, in relazione agli artt. 7 8 e 47 della carta di Nizza, in materia di protezione dei dati, su è espressa in merito alla normativa che imponeva a Facebook di mettere a disposizione delle agenzie di Intelligence americane i dati personali trasferiti, o quelli che Facebook raccoglieva dagli utenti.

In particolare, l’art 702 del FISA (“Foreign Intelligence Surveillance Act”) consente al Procuratore e al Direttore dell’Intelligence americana di autorizzare congiuntamente, previa approvazione della Corte ad hoc FISA, la sorveglianza di specifici utenti e dati mediante programmi di sorveglianza come PRISM e UPSTREAM. La Corte di Giustizia UE ha valutato anche la portata dell’Executive Order n. 12333, che consente alla NSA (“National Security Agency”) di accedere ai cavi sottomarini posti sotto l’atlantico (“dorsali di internet”) e di raggiungere i dati personali prima che essi arrivino negli Stati Uniti.

Il diritto degli Stati Uniti, secondo la sentenza della Corte di Giustizia, non prevede garanzie e limitazioni sui dati personali rispetto alle ingerenze autorizzate dalla sua normativa nazionale, e non assicura una tutela giurisdizionale effettiva degli interessati contro queste ingerenze. Restano tecnicamente validi, comunque, dopo la sentenza della Corte, tutti gli strumenti alternativi alla decisione della commissione europea, in particolare le Clausole Contrattuali Standard (in versione 2021) e le norme vincolanti di impresa (“Binding Corporate Rules”), seppure queste ultime siano utili solo a grandi (e poche) multinazionali.

Sono strumenti che non possono essere adottati solo formalmente: è necessario infatti che il Titolare del trattamento svolga sempre una valutazione caso per caso, in modo da assicurare mediante misure di sicurezza e misure supplementari che la normativa statunitense non interferisca con la protezione dei dati personali garantita dal GDPR. Se, alla fine di questa valutazione, il Titolare ritiene che non vi siano ancora adeguate garanzie, deve sospendere o porre fine al trattamento di dati personali verso gli USA.

È possibile allora ipotizzare un nuovo Privacy Shield?

Prendendo le mosse da ragionamenti di carattere storico, dato che già il primo Safe Harbour che esisteva fra Unione europea e Stati Uniti venne dichiarato invalido dalla CGUE e successivamente si arrivò a un altro compromesso, potenzialmente si potrebbe giungere a un altro accordo.

Il rischio concreto è che, per conflitto di normative interne, ora non si riescano mai a raggiungere gli standard di sicurezza previsti dall’unione europea: ciò seppure, rispetto al passato, si stanno comunque compiendo dei notevoli passi avanti, grazie ai meccanismi di cooperazione fra le Autorità Garanti europee e con l’interlocuzione tra Commissione UE e governo USA.

Ad esempio, è stato pubblicata una nuova versione delle Clausole Contrattuali Standard, che rivedono un meccanismo di trasferimento dei dati rimasto un po’ “abbandonato” negli anni, in quanto ancora riferito alla Direttiva del 1995 anche dopo l’avvento del GDPR; anche la pubblicazione da parte dell’EDPB delle Linee guida sul Trasferimento internazionale dei dati personali ha rappresentato, a parere degli esperti, una preziosa fonte di indicazioni e istruzioni, anche tecniche, per limitare i rischi e adeguare i trattamenti che comportano trasferimenti.

Rimane certa, per ora, la necessità di adottare un approccio concreto e non teorico nel trasferimento dei dati personali, valutando caso per caso con adempimenti come un attento data mapping e una valutazione relativa al trasferimento dei dati (c.d. “TIA”) quali potrebbero essere i rischi derivanti dal trasferimento di dati personali extra UE, valutando anche le misure alternative o le misure tecniche per rendere il trattamento il più possibile rispettoso dei diritti e delle libertà degli interessati.

_______________________________________________________

Immagine di copertina grazie a NASA on Unsplash